Il primo passo verso la riforma del fisco si è compiuto. Anche se per adesso c’è solo un accordo politico, che andrà confermato dai partiti nei all’inizio della prossima settimana, il tavolo di maggioranza convocato al Mef ha definito la struttura che cambierà le tasse degli italiani: l’imposta sui redditi, l’Irpef, passa da cinque a quattro scaglioni, favorendo soprattutto il ceto medio, mentre le aziende individuali e gli autonomi non dovranno più compilare il quadrante Irap, perché per loro e per le start up la tassa viene abolita. I due interventi costeranno rispettivamente sette miliardi e un miliardo, ovvero resteranno all’interno di quanto stanziato dal Governo in manovra. Se i partiti sono fin qui soddisfatti, le parti sociali invece insorgono. Confindustria parla di «scelte senza visione sul futuro», la Cgil attende di essere convocata dal Governo per discuterne, la Uil avverte che intervenire sulle aliquote non aiuta i lavoratori. Se verrà confermata dai partiti, la riforma dell’Irpef interviene su un modello che risale alla grande riforma tributaria del 1970, e che introdusse gli scaglioni di reddito, poi modificati nel tempo. Dal 2012 ce ne sono cinque e dall’anno prossimo diventeranno quattro. Questo significa che cambiano anche le aliquote: per la fascia di reddito fino a 15 mila resta al 23%, per quella tra 15-28 mila scende dal 27% al 25%, quella 28-50 mila cala dal 38 al 35%, mentre oltre i 50 mila si passa direttamente ad una tassazione al 43% che invece attualmente è riservata ai redditi sopra i 75 mila euro. In sostanza viene abolito lo scaglione al 41%, e viene abbassata da 55 mila a 50 mila euro la soglia di uscita del terzo scalino, per concentrare l’impatto della riforma sul ceto medio. I benefici potrebbero arrivare fino a 700 euro annui. Ci sarà poi un riordino delle detrazioni, che riassorbiranno anche il bonus Renzi da 80 euro, poi diventati 100. Su questo, il lavoro di limatura è ancora in corso. Per quanto riguarda l’Irap, il taglio sarà "verticale", cioè saranno esonerate ditte individuali, persone fisiche e start up. «Oltre un milione di soggetti esonerati» secondo il viceministro del Mise Gilberto Pichetto, presente al tavolo per Forza Italia, e soddisfatto dell’accordo che sostiene «famiglie, giovani e imprese». Anche per Luigi Marattin di Italia Viva si tratta di un «buon accordo sul metodo e sul merito», perché contiene «due interventi strutturali» e quindi non limitati al 2022. Un lavoro «molto positivo» con interventi «percettibili» secondo il vice ministro dell’Economia, Laura Castelli, seduta al tavolo per il M5S. E anche il senatore Alberto Bagnai, presente per la Lega, è soddisfatto perché le tre richieste del suo partito (abolire l’Irap per autonomi e professionisti, ridurre l’Irpef per tutti, semplificare il fisco) sono state accolte. Il responsabile economico del Pd, Antonio Misiani, si dice «molto soddisfatto» per i benefici «che possono superare i 700 euro annui per alcune fasce di contribuenti del terzo scaglione Irpef». Molto critica invece Confindustria. Se la bozza «dovesse essere confermata, saremmo in presenza di scelte che suscitano forte perplessità perché senza visione per il futuro dell’economia del nostro Paese». Perché, sostengono gli imprenditori, la «sforbiciata alle aliquote Irpef disperde risorse», con effetti «impercettibili» sui redditi delle famiglie, soprattutto se venissero eliminate le detrazioni per coprire i costi. L’intervento sull’Irap, poi, non migliorare la competitività delle imprese. Anche il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, torna sulla necessità di aumentare le detrazioni per lavoratori dipendenti e pensionati. «Solo in questo modo, come sottolineato anche dalla Banca d’Italia, si avrà un risultato significativo per milioni di italiani», afferma. E il segretario della Cgil, Maurizio Landini, spiega che «l’accordo con noi non è ancora stato trovato. Noi siamo in attesa di una convocazione».