Le parole del premier Narendra Modi a Glasgow arrivano come una doccia fredda per la lotta al climate change e l’urgenza di agire in fretta: «L’India raggiungerà le emissioni nette zero nel 2070». Oltre quel 2060 che finora sembrava poter essere l’obiettivo di New Delhi, allontanandosi anche da quel a «metà del secolo» messo nero su bianco alla vigilia di Cop26 dal G20.
L'India ha un'economia basata sul carbone
Il terzo inquinatore del pianeta, dopo Cina e Usa, apre a mosse green annunciando che il 50% del suo fabbisogno energetico sarà coperto da rinnovabili e che ridurrà i combustibili fossili, ma deve fare i conti con un’economia basata sul carbone, le coltivazioni intensive e il trasporto su strada. Per il governo Modi è difficile conciliare il controllo delle emissioni con altre priorità, anche alla luce della crisi Covid: «Gli sforzi collettivi hanno un grande impatto sullo sviluppo nazionale. Ogni volta che intraprendiamo uno sforzo del genere, pensiamo a come può rafforzare gli sforzi per la trasformazione nazionale», ha twittato Modi. Le sue parole arrivano nella prima giornata della Cop26.
La Cina: "Dagli Usa nessuna lezione, azioni differenziate"
Anche la Cina ribadisce la sua posizione. Xi non è andato a Glasgow, come previsto, né è apparso in video come fatto con il G20 di Roma. Ha mandato una dichiarazione scritta per ribadire che «azioni vanno messe in campo contro il cambiamento climatico, ma differenziate», tenendo conto delle esigenze nazionali. Ma il messaggio del presidente cinese non è stato l’unico: Pechino non ci sta a finire sul banco degli imputati, di quelli che frenano la svolta green, e ha anche contrattaccato, prendendo di mira gli Usa e il presidente Joe Biden per la sua «delusione» sulla mancanza di ambizione cinese sui cambiamenti climatici, alla chiusura del G20 di Roma. Negli ultimi 200 anni di industrializzazione i Paesi sviluppati hanno avuto «una responsabilità ineludibile sulle emissioni di gas serra» e «storicamente gli Stati Uniti si sono rifiutati di ratificare il Protocollo di Kyoto e si sono ritirati dall’Accordo di Parigi, minando gravemente la fiducia e l’efficacia della cooperazione globale» sul clima, ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, a rimarcare che Pechino non è disposta ad accettare lezioni su un tema che riguarda «il destino dell’umanità». La Cina rivendica di essere sempre stata «un’attivista nella governance del clima», assumendosi le responsabilità internazionali in linea con «le condizioni nazionali» e con sforzi continui per migliorare «l’effetto delle azioni».
Anche Xi Jinping sposta in avanti gli obiettivi
Da settembre 2020, il presidente Xi Jinping ha annunciato e poi aggiornato l’obiettivo e la visione di picco e neutralità del carbonio, rispettivamente entro il 2030 e il 2060, e ha proposto obiettivi nazionali indipendenti e misure politiche specifiche sul fronte domestico e all’estero, come il blocco ai finanziamenti di nuove centrali a carbone. Allo stato, la Cina è il più grande inquinatore (29,9% di emissioni) al mondo, con l’87% delle produzione energetica legata ai combustibili fossili (di cui il 60% costituito dal carbone) e la fase di transizione si è dimostrata complessa, come ha dimostrato l’attuale crisi energetica. Nella prima metà del 2021 sono stati costruiti 18 nuovi altiforni per l’acciaio (Pechino ha una quota mondiale di produzione del 50%) e 43 centrali elettriche a carbone. Al 2060, il target di fonti rinnovabili e nucleare è stato aggiornato al 2030 dal 20 al 25%, dal 15% attuale, e all’80% entro il 2060. Uno sforzo enorme di riconversione industriale ed energetico che richiederebbe il raddoppio degli investimenti.
Tenendo conto le «responsabilità comuni ma differenziate», la Cina si aspetta «che tutte le parti intensifichino le proprie azioni, collaborino per affrontare le sfide del cambiamento climatico e proteggere la casa comune, la terra dell’umanità», ha scritto Xi nella dichiarazione inviata alla Cop26, a segnalare la volontà di un confronto destinato ad andare avanti. Nei piani ambiziosi di Pechino c’è quello di «completare la più alta riduzione al mondo dell’intensità di emissioni di carbonio nel più breve tempo nella storia globale».
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