In Sicilia rischia un altro «stop» l’iter di approvazione del rendiconto 2019 della Regione, il cui disegno di legge è iscritto all’ordine del giorno dei lavori dell’Assemblea regionale. Questa volta è la Procura generale della Corte dei Conti a mettere le mani avanti. E lo fa nelle conclusioni, appena depositate, sul ricorso presentato dalla Procura contabile contro la parifica del documento, seppur parziale, fatta dalle Sezioni riunite della Corte dei Conti. Secondo i vice procuratori generali Adelisa Corsetti e Sabrina D’Alesio, la Regione avrebbe cercato di accelerare l'approvazione del disegno di legge del rendiconto, approvandolo in giunta lo scorso 7 settembre dopo avere ottenuto la parziale parifica, e trasmettendo all’Ars per il via libera definitivo.
«Con riguardo al giudizio in esame, è evidente come l’approvazione del rendiconto da parte della giunta regionale, mediante la deliberazione 354 del 7 settembre 2021, sia circostanza idonea a rivelare l’intento dell’amministrazione regionale a perfezionare il procedimento legislativo regionale senza attendere la pronuncia di codesto Supremo Consesso - si legge nelle conclusioni -. La Procura generale evidenzia che l'eventuale approvazione del rendiconto regionale nelle more della decisione sul ricorso proposto darebbe luogo a un vulnus di tutela delle ragioni sottostanti alla proposizione del gravame».
Sono due i punti su cui i vice procuratori puntano il dito: la questione di legittimità costituzionale contestando l’utilizzo di parte delle risorse del fondo sanitario, destinato a garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea), al pagamento di un mutuo contratto con lo Stato. Per la Procura generale questo «risulta contrario alla Costituzione in quanto non assicura la copertura finanziaria dei Lea in ambito regionale tanto più in ragione della grave criticità della gestione sanitaria in cui versa la Regione siciliana e della sua sottoposizione al piano di rientro». Altra questione sollevata è il calcolo «errato» della Regione per quanto riguarda il fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde).
«È da ritenere fondato il motivo di ricorso con cui il Procuratore di appello presso la Regione siciliana si duole dell’errato calcolo del Fcde - si legge nelle motivazioni -. I principi contabili avrebbero dovuto essere interpretati nel senso di ricomprendere le risultanze della riscossione del quinquennio 2015-2019, anziché quello del quinquennio 2014-2018. circostanza, questa, per cui il Fcde, come rideterminato dal procuratore non risulterebbe congruo per una cifra maggiore, di circa 45 milioni di euro e non quasi 35 milioni di euro indicato dalle Sezioni riunite».
Nella memoria appena depositata la Procura generale della Corte dei Conti usa toni aspri nei confronti delle Sezioni riunite della Corte, che a giugno scorso aveva parificato il documento di bilancio. Proprio sulla base di quella parifica, la giunta Musumeci lo scorso 7 settembre ha deliberato il disegno di legge poi trasmesso all’Assemblea siciliana che ha votato l’articolato. Nelle sue conclusioni la Procura generale ricorda all’Ars che l'organo supremo della Corte deve ancora pronunciarsi sul ricorso contro la decisione delle Sezioni riunite di parificare il rendiconto, ma sul documento ormai manca solo il voto finale da parte del Parlamento. Al di là del «richiamo», quello che emerge dalle 24 pagine della memoria è uno «scontro» interno alla Corte: da una parte la Procura che insiste sulla presunta illegittimità di una parte del rendiconto, dall’altro le Sezioni riunite che invece si sono pronunciate per la parifica, pur rilevando alcune criticità, che la giunta Musumeci ha recepito nella delibera poi trasmessa all’Ars.
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