Martedì 05 Novembre 2024

In Sicilia 70 mila ettari di boschi bruciati. Il Cai sui luoghi degli incendi: "Ecco cosa fare"

La manifestazione sulle Madonie

Dieci manifestazioni con escursioni per sensibilizzare l’opinione pubblica e sopratutto non dimenticare quanto successo in questa estate oramai alla fine, in tema di incendi. È quanto accaduto ieri in Sicilia organizzato dal Cai.

Il concentramento sulle Madonie

Uno dei dieci concentramenti si è svolto a Petralia Sottana, tra le zone più colpite dagli incendi di agosto, l’appuntamento nella pineta comunale da dove i partecipanti sono partiti alla volta di una escursione che li ha portati a Piano Catarineci. «La manifestazione sulle Madonie su Monte Catarineci e contrada Savochella e Pizzo Corvo colpiti da un grosso incendio, ha visto la partecipazione di un centinaio di persone provenienti dalle sezioni Cai di Petralia Sottana, Cefalù, Palermo, Polizzi Generosa, Acireale, Soccorso Alpino e Protezione Civile» dicono il presidente regionale Cai Francesco Lo Cascio e il vicepresidente nazionale della commissione Tutela ambiente montano del club Alpino Italiano, Mario Vaccarella. «Avanzeremo anche proposte di contrasto, a cominciare da controlli e pene più severe».

I danni dell'estate 2021

I soci delle Sezioni del Club alpino italiano hanno documentato i danni degli incendi, che secondo le prime stime, hanno colpito una superficie di oltre 70 mila ettari. Da qui la scelta di organizzare attività simboliche per ristabilire la fruizione dei luoghi che gli incendiari intendono sottrarre al patrimonio comune. Dieci escursioni-evento per ribadire la gravità della situazione e presentato il Manifesto contenente le proposte di Cai Sicilia sull'argomento, affinché quello che è successo nelle scorse settimane non si ripeta più.

Per non dimenticare

«Il Gruppo regionale del Club alpino italiano – dichiara il presidente Francesco Lo Cascio - ha deciso di promuovere la manifestazione proprio nel momento in cui, con l'arrivo delle prime piogge, il rischio incendi sembra affievolirsi, perché occorre prendere coscienza della peggiore estate che si ricordi in materia di aree devastate del fuoco e organizzare sin da ora delle misure organizzative e legislative per il prossimo anno».

I luoghi simbolo

Le sezioni dell'associazione hanno deciso di ritornare nei luoghi simbolo delle settimane appena trascorse, quando il fuoco ha azzerato in poche ore gli sforzi compiuti da una intera generazione per rimboschire la Sicilia. I gruppi del Cai hanno presidiato aree importanti, dai Peloritani alle Madonie (dove le fiamme sono arrivate sino alle porte di Polizzi Generosa e di Petralia Sottana e Soprana), sino alla zona di Calaforno nel Ragusano (dove le fiamme hanno ucciso anche gli animali presenti nelle gabbie dell'area forestale attrezzata). Documentata anche la devastazione di Monte Ilice sull'Etna e insieme all’Ordine degli agronomi della provincia di Trapani si è anche effettuata una sommaria valutazione dei danni arrecati nell’area del demanio San Matteo.

Il Manifesto

«Il Cai Sicilia - si legge nel Manifesto dell’iniziativa “Sui sentieri percorsi dai fuochi” -, a seguito di catastrofici roghi dolosi di questa rovente estate, oltre ad esprimere la propria vicinanza e solidarietà ai molti cittadini che impotenti, hanno dovuto abbandonare le proprie case, lancia un accorato appello alle associazione ambientaliste e di categoria per far fronte comune contro il ripetersi dei gravi e devastanti incendi su tutto il territorio regionale, che hanno assunto, ormai, una frequenza e una connotazione tipica di un’attività criminale premeditata e scientemente portata a compimento con particolari condizioni climatiche». Non è un caso, prosegue il Club, «che le regioni d’Italia più colpite siano state Sicilia, Sardegna e Calabria dove l’enorme incidenza di fatti delittuosi, veri e propri crimini perpetrati nei confronti dell’Ambiente, si coniuga con una gravissima mancanza di cura del territorio, di fatto abbandonato, senza il presidio costituito dall’attività agricole e dei piani di gestione forestale». La gestione delle aree forestali è operazione necessaria e indifferibile, come ricorda il professor Giuseppe Barbera, docente della Facoltà di Agraria, e «senza di essa non è possibile alcun contrasto agli incendi boschivi».

I piani di gestione forestale

Per il Cai «i piani di gestione forestale (praticamente assenti in Sicilia e comunque non applicati), sono gli strumenti nei quali prevedere tempi e modi d’intervento con l’impiego della manodopera per valorizzare le produzioni legnose e non legnose e assicurare, altresì, la fornitura di servizi ecosistemici (ambientali, culturali e paesaggistici) e la realizzazione delle basilari pratiche di prevenzione degli incendi».

L'attacco alla Regione

Poi l’attacco all’amministrazione pubblica: «È ormai a tutti chiaro - afferma il documento unitario stilato per la manifestazione di ieri - come il ruolo della Regione a cui è demandato il contrasto agli incendi in coordinamento con le municipalità sia, da tempo, del tutto deficitario e la programmazione non tempestiva di uomini e risorse contribuisce ad acuire “l’emergenza” aumentando a dismisura lo sforzo richiesto ai vigili del fuoco, chiamati a intervenire non solo negli incendi d’interfaccia ma anche e sempre più in aree boscate».

La mancanza di coordinamento

Nel frattempo, continua il Cai Sicilia, «si assiste spesso impotenti alla mancanza di un coordinamento efficace tra gli strumenti di pianificazione previsti dalla legge quadro n. 353 del 2000 (Piani Aib, Piani forestali, Piani di protezione civile, Piani comunali di protezione civile) con una regia chiara e condivisa delle forze in campo in grado di individuare a livello comprensoriale azioni e interventi su infrastrutture Aib e punti strategici di gestione, per contenere lo sviluppo del fuoco entro la capacità di estinzione dell’organizzazione AIB locale».

La penuria di canadair

Il Club sottolinea anche «gli esiti negativi del “riassetto funzionale” della riforma Madia, con l’assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell’arma dei Carabinieri ed in parte nei vigili del fuoco, almeno per il contrasto agli incendi». Parla poi dello «scandaloso ricorso dell’uso di flotte aeree private per lo spegnimento, data la penuria dei canadair di proprietà pubblica (Protezione Civile-Aeronautica), mentre in Parlamento rimangono bloccate proposte di legge tese a riorganizzare il settore aereo utilizzato per l’Aib, con l’ipotesi di costituire una flotta completamente statale, da utilizzare anche nel campo della attività di prevenzione con tecniche di telerilevamento».

Dalla protesta alla proposta

Per il Manifesto del Cai «occorre ripensare un sistema di governance partendo dalla revisione della legge 353 per dare organicità alle diverse componenti del sistema, sia per quanto riguarda le rispettive competenze nel quadro delle maturate nuove conoscenze, sia per tutti gli aspetti organizzativi e finanziari da attribuire ad esse, quali Stato, Regioni , Provincie e Comuni.

Pene da inasprire

Il Manifesto chiede di «intervenire con urgenza sia sotto l’aspetto della deterrenza del crimine perpetrato dagli incendiari, elevando le pene attualmente previste ai sensi dell’art. l’art. 423-bis (reclusione da 4 a 10 anni) al fine di una più dura repressione, configurando per tale crimine, le pene ben più severe previste per il “disastro ambientale” ovvero per i “delitti di mafia”, prevedendo, altresì l’ampliamento dei termini temporali previsti per il vincolo di destinazione d’uso delle aree percorse dal fuoco».

L'impiego dell'esercito

Poi una proposta radicale: «Dispiegare, almeno per la stagione estiva, l’esercito, con l’impiego di uomini e mezzi altamente specializzati per il presidio delle aree sensibili, con il trasferimento per intero del servizio di spegnimento aereo tramite canadair all’Aeronautica militare».

Vigilanza interforze

Il Cai guarda oltre e chiede «un coordinamento unico e permanente, simile, sotto l’aspetto funzionale, alle “Magistrature/Autorità” o alla Dia (Nuclei interforze con il Corpo forestale), in grado di individuare a livello comprensoriale/provinciale infrastrutture Aib e punti strategici di gestione, per contenere lo sviluppo del fuoco entro la capacità di estinzione locali, con buona capacità di vigilanza e deterrenza da effettuare mediante l’uso di sistemi operativi di tipo terrestre e satellitare.

Il nodo dei forestali

Il Cai chiede di «favorire concorsi per assunzioni di forestali, ormai in numero assolutamente insufficiente per l’espletamento dei compiti propri della Regione, inserendo dei criteri che consentano di abbinare la località di abituale domicilio dei candidati all’area nella quale essi dovranno svolgere il loro lavoro, al fine di evitare che alcune aree rimangano sguarnite a causa di difficoltà logistiche nel condurvi maestranze residenti a grande distanza, migliorando, altresì, il funzionamento dei vivai forestali per la coltivazione di essenze di pregio (no conifere)». Chiede poi «una strategia di prevenzione supportata da adeguata dotazione finanziaria per consentire alla numerosa schiera di stagionali di non limitarsi allo spegnimento degli incendi, bensì di dedicarsi, secondo un preciso cronoprogramma, alla manutenzione sul territorio (opere di ingegneria naturalistica, realizzazione di barriere tagliafuoco, ripulitura e scerbamento dei terreni , e non ultimo tecniche del fuoco prescritto e del controfuoco)».

La formazione

Ma non basta, per il Club alpino c’è bisogno anche di «effettuare una stabile e adeguata formazione del personale addetto al contrasto degli incendi, sia essi dipendenti della pubblica amministrazione che volontari, con l’attivazione di appositi corsi abilitanti e di aggiornamento, promuovendo, altresì, nelle scuole di ogni ordine e grado, attività di sensibilizzazione contro gli incendi e di promozione del Servizio civile di volontariato».

Il ruolo dei comuni montani

Un altro obiettivo importante, per il documento è «finanziare i comuni montani per la manutenzione e /o incremento del patrimonio boschivo ricadente nel loro territorio, nonché per la pulizia dei terreni privati limitrofi agli insediamenti urbani sempre più spesso innesco di pericolosi incendi, con la possibilità da parte dei sindaci di procedere dopo diffida, in danno dei privati inadempienti».

I risarcimenti e le aziende

Il Club non dimentica nemmeno «i sacrosanti risarcimenti per i danni causati dagli incendi alle attività economiche-produttive, verificando mediante analisi economica, che il reddito derivante dal risarcimento “post incendio” non risulti superiore a quello consolidato “ante incendio”, al fine di prevenire ogni forma di abuso». Chiede altresì di «istituire un sistema di indennizzo per le aree naturali protette ovvero anche per i boschi di proprietà dei privati, sulla base di “criteri di premialità” conservativi da prevedere nel contesto dei piani di gestione forestale, ai fini di incentivarne la manutenzione e la gestione ordinaria», di «favorire la concessione dei lotti pascolivi del demanio forestale a rischio incendio, delegando la procedura di controllo, richiesta dal protocollo di legalità (Antoci), direttamente alle forze dell’ordine e di «favorire le pratiche agricole ed in particolare quelle di “mantenimento e di presidio”, campi coltivati, orti, vigneti, aree pascolate, se progettati in modo coerente con la prevenzione del rischio incendi, possono ridurre l’infiammabilità a scala di paesaggio e rendere più sicure ed efficaci le attività di estinzione».

Interventi sociali

Altri interventi riguardano il sociale e l’economia dei territori. Nel Manifesto si chiede di «contrastare l’abbandono delle aree rurali, che causa la perdita delle conoscenze tradizionali sulla gestione della terra, tra cui la gestione delle foreste e dei pascoli, promuovendo lavori sostenibili ad alta redditività e occupazione a tempo pieno nel settore forestale, facilitando la responsabilizzazione del capitale umano, la conservazione delle conoscenze e delle pratiche di gestione sostenibile delle aree boscate», di «favorire nuove opportunità per i giovani per vivere nelle aree rurali, rendendole appetibili e assicurando l’alta qualità dei servizi essenziali, come scuole e Internet veloce, così come previsto dall’Ue per le aree interne, di «coinvolgere gli Ets e le associazioni no profit, per effettuare il presidio dinamico del territorio nei mesi estivi, in modo da presidiare il territorio e rendere più difficile l’azione dei criminali, affidando, altresì, ad essi i beni demaniali inutilizzati e le relative aree, con la possibilità di uso dei beni e la fornitura dei relativi servizi alla collettività».  

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