Gli sbarchi in Sicilia aumentano ed è polemica continua sull’accoglienza dei migranti. Il primo velenoso botta e risposta è partito fra il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il presidente della Regione Nello Musumeci. «L’emergenza ci sarebbe - ha detto il ministro con riferimento alla richiesta di ieri del presidente Musumeci, che invita il governo a dichiarare l’emergenza nazionale - se restassero tutti in Sicilia. Cosa che non avviene perché dopo il periodo di quarantena sulle navi vengono distribuiti sul territorio». Il ministro Lamorgese ha aggiunto che la scelta di predisporre delle navi per i controlli sanitari «è stata positiva» e ha fatto presente che «molti degli sbarchi sono autonomi e non possiamo fermarli».
Musumeci ha risposto prontamente. «L'emergenza c'è e va dichiarata per destare l'Europa», ha detto il presidente della Regione. «Secondo il ministro Lamorgese - ha proseguito - in Sicilia non c'è emergenza perché i migranti che arrivano vengono trasferiti dall'Isola, dopo la quarantena fatta su quelle navi che - va ricordato - lo scorso anno proprio io ho proposto di approntare. A differenza del ministro, continuo a ritenere necessaria la dichiarazione dello “stato di emergenza” perché la condizione è questa. Non per una mia suggestione, ma per il numero complessivo dei migranti sbarcati, per la condizione sanitaria determinata dal Covid19, per la gestione pre e post quarantena degli arrivi, per l'impatto che esercita sul tessuto socio-economico. Dichiarare lo stato di emergenza non è una richiesta ideologica o improntata a uno scontro tra Stato e Regione (oggi più che mai dannosa). Vuol dire semplicemente prendere atto della realtà e provare a dare un segnale forte, soprattutto a quel sistema di istituzioni comunitarie che non riesce e non vuole affrontare in modo compatto e autorevole il rapporto con il Sud del mondo. Fingendo di non capire che di quel Sud la Sicilia è la porta».
La polemica non si ferma al rapporto Stato-Sicilia, ma coinvolge anche la maggioranza di governo, in particolare con riferimento al dibattito sullo ius soli. Il ministro Lamorgese apre alla proposta lanciata dal presidente del Coni Giovanni Malagò per gli sportivi, auspicando che sull'argomento si arrivi ad «una sintesi politica». «È un tema - dice il ministro con riferimento allo ius soli - che si pone e di cui dobbiamo ricordarci non solo quando i nostri atleti vincono delle medaglie. Dobbiamo aiutare le seconde generazioni a sentirsi parte integrante della società». Parole che accendono l’ira di Matteo Salvini ed innescano l’ennesimo scontro nella maggioranza. «Invece di vaneggiare di ius soli, il ministro dell’Interno dovrebbe controllare chi entra illegalmente in Italia», tuona il leader leghista. A lui replica a tono il segretario dem Enrico Letta: «Chi gioca e lucra sullo ius soli semplicemente è fuori dalla realtà. È un tema che non c’entra nulla con la sicurezza e la gestione dei migranti. C'entra con l’equità, l’integrazione, la vitalità di una società che è cambiata a dispetto della lettura faziosa che ne fanno i populisti».
La querelle tra Salvini e il ministro dell’Interno prosegue su un altro tema caldo: quello dei migranti. «I numeri sono aumentati, certamente, ma non parlerei di invasione... Salvini evidentemente non ha ben chiare quelle che sono le difficoltà che stiamo vivendo quotidianamente, ma se ci sono iniziative che non abbiamo adottato e lui ci può suggerire per bloccare gli arrivi via mare io le raccolgo volentieri», lo incalza Lamorgese. «Annuncia “controlli a campione” nei bar e nei ristoranti. Quanto dobbiamo aspettare per “controlli a campione” anche nei porti e ai confini?», ribatte il suo predecessore.
A cavalcare l’argomento arrivano anche gli alleati del centrodestra. «Ormai sbarcano quasi 1000 migranti al giorno. Chiediamo un’azione Ue condivisa nella gestione dei flussi e dei rimpatri - afferma il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani -. E poi un piano per l’Africa. Fermiamo questa tratta di esseri umani». Mentre Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, rilancia l’idea del blocco navale per fermare subito «l'immigrazione illegale di massa». Il sottosegretario all’Interno, il leghista Nicola Molteni, intanto, critica esplicitamente l’uscita del numero uno del Coni definito maldestro: «La cittadinanza è uno status, non un diritto. La legge sulla cittadinanza non si cambia. Lo ius soli non passerà mai - promette -. E la Lega è la garanzia di ciò».
Per il Nazareno, che incassa l’apertura di Lamorgese, «le Olimpiadi non hanno fatto altro che confermare quanto il Pd ripete da tempo: lo Ius soli è già nei fatti, è nella società, è nelle scuole, è tra i nostri ragazzi. Adesso la politica e le istituzioni hanno il dovere di adeguarsi a queste trasformazioni». Cerca di smorzare i toni l’azzurra Deborah Bergamini, secondo cui «più che pensare ad introdurre nuove forme di ius soli» servirebbe «far funzionare al meglio il sistema di regole attualmente in vigore. Ad ogni modo, complimenti al presidente Malagó e a tutto lo sport italiano per questa Italia da record». Plaude, invece, alla responsabile del Viminale il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli: «Questi ragazzi devono sentirsi parte integrante della società. Ed è paradossale che Salvini parli di “vaneggiamenti” mentre gioiva delle medaglie olimpiche vinte da atleti non nati in Italia».
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