Il Consiglio di Stato ha respinto le istanze cautelari proposte dal procuratore di Roma Michele Prestipino Giarritta, dirette a fermare le sentenze amministrative che avevano annullato la sua nomina al vertice dell’ufficio inquirente della Capitale. Per effetto di questa decisione, il Consiglio superiore della magistratura dovrà adesso far ripartire il procedimento di nomina del procuratore di Roma.
Se Palazzo dei Marescialli non dovesse aderire all’indirizzo dettato dal Consiglio di Stato, Marcello Viola, candidato che era stato battuto da Prestipino ma che ha vinto le impugnazioni finora presentate, potrebbe proporre - attraverso gli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia - il cosiddetto ricorso per ottemperanza, per costringere il Csm a rifare la nomina. Prestipino, difeso dall’avvocato Massimo Luciani, aveva a sua volta provato metodi straordinari di impugnazione, presentati sia al Consiglio di Stato che alla Cassazione, ma i primi sono stati adesso rigettati in sede cautelare.
La vicenda della Procura di Roma è al centro di una lunga querelle che affonda le radici nel cosiddetto caso Palamara. La commissione incarichi direttivi dell’organo di autogoverno dei giudici, il 23 maggio 2019, aveva infatti proposto Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, con 4 voti, mentre Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo, e Giuseppe Creazzo, procuratore di Firenze, avevano riportato un voto ciascuno. In quello stesso periodo di due anni fa però vennero fuori le intercettazioni della vicenda Palamara, da cui era emerso un presunto interesse dell’ex presidente dell’Anm ed ex consigliere del Csm Luca Palamara e dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti di ottenere la nomina di Viola come procuratore romano. Il risultato era stato il ritorno in commissione della decisione e la successiva esclusione di Viola dal novero dei tre candidati (Prestipino, Lo Voi e Creazzo) che si erano contesi la Procura, con il successo finale - il 4 marzo 2020 - di Prestipino. Il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato, con due decisioni di segno uguale, avevano però imposto al Csm di ripartire dall'originaria proposta della commissione del Csm e cioè quella che aveva visto in pole position Viola, poi immotivatamente escluso, secondo i giudici amministrativi di primo e secondo grado, perché del tutto inconsapevole delle manovre riguardanti il suo nome.
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