Da oggi è in vigore il decreto legge Covid con le nuove aperture. Il provvedimento è stato firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e pubblicato in Gazzetta ufficiale. Ma è scontro fra governo e regioni sul decreto riaperture. A innescare il fuoco delle polemiche è la decisione del governo di mantenere il coprifuoco per bar e ristoranti fino alle 22, misura che per il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, renderebbe vano il via libera alla ripresa delle attività di questi locali. Per questa ragione Fedriga ha riunito i governatori per un vertice straordinario dal quale è uscito con una lettera per il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in cui si chiedono modifiche al decreto riaperture. «La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha deciso di inviare una lettera al presidente del Consiglio per sottoporre alla sua attenzione le proposte prioritarie rispetto alle misure in via di adozione con il prossimo decreto legge, dando la disponibilità per un incontro urgente prima della pubblicazione del provvedimento», fanno sapere le Regioni. Tra le richieste c'è quella di posticipare il coprifuoco dalle 22 alle 23, anche «in ragione dell’approssimarsi della stagione estiva caratterizzata dall’ora legale e, in considerazione della riapertura delle attività sociali e culturali». Il presidente della Liguria, Giovanni Toti, parla di «incongruenze» che «colpiscono sempre gli stessi». Critico anche il governatore veneto, Luca Zaia: «Ci vuole una ratio per fare un decreto e serve che tutto abbia un senso. Spero vivamente che il presidente del Consiglio prenda in mano questo dossier e ci sia un modo di affrontare una revisione. Un tagliando potrebbe essere fatto». Una posizione sostenuta con forza dal centrodestra. Il leader della Lega, Matteo Salvini, sottolinea che di coprifuoco «non si era parlato» nel corso della riunione dell’ultima cabina di regia. Ma aggiunge: «Ho sentito Draghi sei volte. Lo risentirò perché noi siamo già al lavoro sul prossimo decreto perché, entro la metà di maggio, ci deve essere un altro decreto con più riaperture». Una posizione condivisa anche da Fratelli d’Italia: «La Lega fa le sue valutazioni, che mi sembrano condivisibili. Particolarmente in questo caso. Non penso che si possa definire un 'decreto riaperture' quello che è stato approvato ieri dal governo», spiega Giorgia Meloni: «Prevedere il coprifuoco alle 22 fino al 31 luglio è una misura folle, devastante, assolutamente irragionevole e punitiva», aggiunge. Il governo risponde con la ministra per il Sud, Maria Stella Gelmini: «Il fatto che nel testo del decreto varato ieri non sia stato riprogrammato il coprifuoco, non significa che durerà fino al 31 luglio», spiega: «Questa è una lettura distorta del provvedimento che abbiamo preso. Sono assolutamente certa che presto il coprifuoco sarà solo un brutto ricordo. È lo stesso decreto a dirlo, precisando che il Consiglio dei ministri potrà intervenire nelle prossime settimane, con tagliandi periodici al dl, modificando sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco». Oltre al coprifuoco, tuttavia, ad alimentare lo scontro sono anche le misure sulla scuola. I governatori protestano per la richiesta arrivata dal governo di riaprire tutte le scuole di ogni ordine e grado al 100% entro il 26 aprile. Una strada impercorribile per i governatori che, con il presidente Fedriga, spiegano che è «tecnicamente impossibile» garantire il 100% della presenza nelle scuole dal 26 aprile, considerando la possibilità di occupare il 50% dei posti a disposizione nei mezzi pubblici: «solo in Friuli Venezia Giulia servirebbero 300 mezzi di trasporto in più, rispetto a quelli che abbiamo già aggiunto», spiega Fedriga. Poco dopo arriva la risposta del governo, ancora con Maria Stella Gelmini, che annuncia «deroghe» per quelle Regioni che non riusciranno a mettersi al passo: «Nel decreto ci sarà scritto il 70%: ma non metteremo a rischio nessuno. Se non sarà possibile assicurare queste quote regioni ed enti locali potranno derogare. Stiamo lavorando per trovare la quadra», spiega Gelmini. Dal centrosinistra arriva un appello alla cautela: «La parola 'riaperture' è la più abusata in questi giorni», osserva il segretario del Pd, Enrico Letta, in un intervento al Corriere della Sera. «Meglio specificare, considerata la situazione sanitaria ancora precaria e le tensioni conflagrate ieri in Consiglio dei ministri intorno al coprifuoco, col dietrofront poco serio della Lega». Per Letta, infatti, «oltre (e in parallelo) alle riaperture, è tempo di mettere al centro del dibattito pubblico, e delle decisioni della politica, anche la parola ricostruzione» perché «non è più sufficiente solo aggiustare, tamponare, ristorare. Si tratta ora di cominciare a scrivere, condividere e rendere operativo sui territori un grande Patto per la ricostruzione del Paese», insiste Letta per il quale il modello da perseguire «è quello dell’accordo voluto da Ciampi nel luglio '93. Segnò una svolta nella storia economica del Paese, con imprese e lavoratori protagonisti della ripresa».