Approvata la Finanziaria ma nel caos, all'Ars maggioranza a pezzi. Rabbia di Musumeci e Miccichè
L'Ars ha approvato la finanziaria con 35 voti favorevoli e 24 contrari. Ma in aula si è consumata la debacle del governo che questa mattina per due volte è stato battuto con voto segreto costringendo il presidente dell'Ars Gianfranco Miccichè a sospendere la seduta. Dieci gli articoli, contenenti una serie di norme, che la Presidenza dell'Ars ha stralciato, mentre Pd e M5s hanno dato l'ok al voto alle tabelle, per non fare crollare l'intera manovra. "Ci sono ascari nella maggioranza", ha tuonato il presidente della Regione, prendendo la parola in aula. Segno che il sostegno al suo governo vacilla. Subito dopo il voto il governatore ha comunicato di essere disponibile al dibattito sullo scandalo dei presunti dati Covid taroccati. "Io non ho nulla da aggiungere rispetto alla comunicazione delle dimissioni dell'assessore Ruggero Razza, vi ascolto", ha detto Musumeci. "E' lei che deve riferire, poi si fa il dibattito", ha replicato il capogruppo Pd, Giuseppe Lupo, abbandonando il pulpito. A intervenire sono i deputati dei 5stelle: "Dimissioni". Miccichè ha lasciato la presidenza dell'aula al suo vice, Roberto Di Mauro. In precedenza aveva ammesso le difficoltà nell'approvazione della manovra. "Ho sempre sostenuto che per le norme finanziarie non si dovrebbe utilizzare il voto segreto, così come succede in diversi parlamenti nel mondo. È evidente che in questo caso c'è un problema anche nella maggioranza". Il presidente dell'Ars, rivolgendosi alla maggioranza in aula, non ha nascosto il suo sconforto durante la seduta: "Quest'aula non risponde più al governo, parlo della maggioranza. Non siamo più in condizione di votare, è saltato il banco. Qualsiasi norma che metto al voto viene bocciata. Ne dobbiamo prendere atto e dovremo interrogarci sul perché siamo arrivati a questo punto: se dipende dalla classe dirigente, dagli errori fatti. Sono il primo che si deve interrogare". Alle rimostranze di alcuni deputati di maggioranza, compresi alcuni di Forza Italia, che hanno insistito per votare alcune delle norme residue della manovra, Miccichè ha risposto: "Non mi posso permettere di fare bocciare tutto, tutto continuerà a essere bocciato nel pomeriggio com'è avvenuto stamattina, tutto sarà bocciato domani. Io ora metto in votazione le tabelle, che se vengono bocciate salta tutta la finanziaria. Io sto parlando alla maggioranza di quest'aula. Se dico che è meglio fermarci e non votare altro, mi dovete credere. Poi alla fine dell'aula parlerò con alcuni di voi". Dall'opposizione è arrivato il duro attacco al governo regionale. “La disastrosa Finanziaria di oggi, falcidiata da voti contrari di parte della maggioranza, arrivata alla fine per il rotto della cuffia e nemmeno completa, è la plastica rappresentazione della fine del governo Musumeci, la pietra tombale su un esecutivo disastroso che non è riuscito a portar in porto nemmeno una riforma degna di questo nome - afferma il capogruppo del M5S all’Ars, Giovanni Di Caro -. Se a ciò si aggiunge la pessima gestione dell’emergenza sanitaria, caratterizzata, per usare le parole degli inquirenti, da ‘atteggiamenti criminali’, non possiamo che chiedere a Musumeci di dimettersi. Sarebbe, forse, la prima cosa degna di nota del suo mandato”. Anche il presidente della Commissione antimafia all'Ars, Claudio Fava non fa sconti: "La maggioranza non esiste più. All'incredibile somma di strafalcioni e menzogne sull'emergenza Covid si aggiunge adesso un dato politico incontestabile: la finanziaria è stata affondata dal voto contrario di molti parlamentari del centrodestra. Ragioni morali e sostanziali dovrebbero indurre il presidente Musumeci a prenderne atto e a chiudere la sua esperienza di governo adesso. Nell'interesse di tutti". Dalla maggioranza c'è chi trova alcuni lati positivi nella bufera: "Abbiamo fatto un lavoro imponente consegnando alla Sicilia una legge di stabilità che affronta tante emergenze e risolve problematiche quali la stabilizzazione dei precari Asu. L'iter è stato farraginoso a tratti perché il ddl originario del governo conteneva solo 60 articoli che, nell'esame delle commissioni e dell'aula, sono lievitati a 135. Era evidente che su alcuni di questi si potessero registrare divergenze tra le forze parlamentari al punto di stralciarli o bocciarli". Lo affermano i capigruppo di maggioranza a Palazzo dei Normanni, Tommaso Calderone, Eleonora Lo Curto, Totò Lentini, Antonio Catalfamo, Elvira Amata e Alessandro Aricò.