Primo Dpcm di Draghi, scuole chiuse non solo in zona rossa: ecco quando scattano le ordinanze
Le scuole potrebbero essere le grandi sacrificate del primo Dpcm del governo Draghi. Non ovunque però. Verrebbero chiuse nelle zone rosse e nei luoghi dove ci sono soglie alte di contagio, a prescindere dai colori. Le nuove misure sugli istituti arrivano dopo una valutazione del Comitato Tenico Scientifico, che in queste ore trasmetterà un verbale al Governo. E il decreto della Presidenza del Consiglio potrebbe essere firmato presto dal premier Mario Draghi, anche già lunedì. Nelle nuove disposizioni ci si avvia verso un passo indietro sulle lezioni in presenza in diversi territori, così come già paventato dall'Istituto Superiore di Sanità e invocato da diversi governatori, alcuni dei quali hanno già provveduto con ordinanze regionali. Secondo ambienti del Cts ci sarebbe "un impatto dei nuovi contagi nelle scuole, ma differenziato. Per questo sarebbe auspicabile una modulazione delle misure a seconda delle zone, variabile in base a Comuni o Province e non soltanto su base regionale". Perciò l'ipotesi prevalente è di prevedere la Dad in tutte le scuole nelle zone rosse regionali o in quelle locali, ma anche laddove si registri il superamento di una determinata soglia di incidenza, a prescindere dal colore. La soglia di cui si è parlato nella riunione dei tecnici si attesta sui 250 contagi settimanali ogni centomila abitanti, numeri che già determinano il passaggio in zona rossa. L'altra ipotesi, che non è stata oggetto dell'incontro ma riguarda ambienti esterni al Comitato, è di valutare l'incidenza di 100 contagi settimanali su 100mila abitanti e viene supportata da altre componenti. Non solo chiusure: con la stabilità dei contagi in zona gialla per tre settimane consecutive, le attuali disposizioni sulle lezioni in presenza non dovrebbero cambiare. Quando il verbale del Cts sarà definito, sarà allegato uno studio dell'Iss, sul quadro dei contagi nelle scuole. Già il Cnr, in un'altra ricerca, rileva un legame diretto fra l'aumento dei ricoveri per Covid nelle unità di terapia intensiva e la riapertura delle scuole. La linea del Governo resta quella di scongiurare le chiusure, ma si è consapevoli che alcune situazioni critiche e l'aumento dei contagi - dovuti soprattutto alla diffusione della variante inglese - necessitano comunque di regole e parametri nazionali. Nel caso di eventuali stop tra i banchi si interverrà per migliorare la didattica a distanza e per rafforzare il sistema di congedo parentale, per aiutare le famiglie. L'intero Dpcm resta dunque ancora una bozza, ma manca poco per la messa a punto. In queste ore arriverà anche il parere dei governatori, che hanno acquisito il documento: lo stesso ministro per le Autonomie, Mariastella Gelmini, è ora in attesa delle osservazioni delle Regioni, che in generale pur non bocciando il provvedimento chiedono di limare le misure sulle chiusure dei ristoranti e sui parrucchieri, mentre sul fronte scuola auspicano più garanzie per l'aspetto dei congedi parentali nel decreto ristori. Tra gli enti locali c'è invece chi, come il presidente dell'Anci, Antonio Decaro, manifesta una linea più dura: la riapertura di cinema e teatri "è stata individuata in una giornata simbolica, ma bisognerà vedere cosa succede in queste ore. Se l'indice di contagiosità resterà basso si potranno sicuramente riaprire con le restrizioni", ma - dice - "sarebbe in controtendenza chiudere le scuole perché c'è maggiore diffusione di una variante e contemporaneamente riaprire cinema e teatri, sarebbe una nota stonata". E se alcuni governatori corrono già ai ripari contro i contagi - De Luca chiude tutte le scuole fino al 14 marzo mentre Bonaccini fa diventare arancio scuro gran parte della Romagna - la Sardegna, prima regione in zona bianca, si prepara a riaperture coordinate con il ministero della Salute: sono 12 mila i bar e i ristoranti pronti a apparecchiare i tavoli per aperitivi e cene.