Mario Draghi ottiene la fiducia anche alla Camera: 535 voti a favore, ma non supera il record di Monti
Mario Draghi incassa anche la fiducia alla Camera: 535 i sì, 56 i no e 5 gli astenuti. Un sostegno molto ampio anche se non supera la quota record del governo Monti che nel 2011 a Montecitorio toccò la vetta 'storica' dei 556 voti favorevoli. Resta sotto anche al quarto governo Andreotti, che nel 1978 totalizzò 545 sì, mentre supera il governo di Enrico Letta che si fermò a 453. Rispetto al primo esecutivo Conte, che nel 2018 ebbe 350 sì, quello di Draghi vanta 185 consensi in più. Lo scarto con il Conte bis (votato positivamente da 343 deputati) è oggi di 192 voti in più. La fiducia al governo Draghi arriva al termine di una lunga giornata trascorsa a Montecitorio agitata dal caos cinquestelle, una vera e propria scissione che non ha pregiudicato i numeri a favore del premier. Per il M5S hanno votato contro la fiducia al governo i deputati Corda, Sapia, Spessotto, Testamento, Volpi, Baroni, Cabras, Colletti, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Russo, Sarli, Termini e Vallascas. Gli assenti sono stati: Corneli, Ehm, Menga, Romaniello, Spadoni, Tucci, Di Lauro, Masi, Penna, Scutellà, Suriano e Zanichelli. Erano in missione: Mammì e Vianello. Draghi si è presentato ai deputati con alcuni punti fermi: combattere la corruzione e le mafie garantendo un processo "giusto e di durata ragionevole" nel rispetto della Costituzione. Draghi sa bene che questo chiedono gli investitori stranieri da tempo al nostro Paese ma è anche certo che la strada indicata serva a riconquistare la "fiducia dei cittadini". Senza "legalità e sicurezza" non c'è futuro, che rappresenta invece la cifra del "suo sguardo" e che il premier spera ispiri il "lavoro comune". L'ossatura del programma di governo, Draghi l'ha illustrata già al Senato. E così, in vista del voto di fiducia alla Camera, sceglie una replica breve: tredici minuti in tutto in cui chiarisce solo qualche passaggio, dalle piccole e medie imprese alla giustizia (il più applaudito) ma anche alle carceri. Gli istituti penitenziari "sono sovraffollati", osserva, e non bisogna trascurare la "paura" del contagio. I numeri su cui può contare anche alla Camera sono più che robusti e neanche il caos 5S è capace di metterli a rischio. Il dissenso dentro il Movimento è diventato però ufficiale e la scissione spesso evocata è ormai una realtà. A poco meno di due ore dal voto, sei deputati pentastellati escono allo scoperto e annunciano il loro No ma la presidente di FdI Giorgia Meloni è pronta a scommettere che presto aumenteranno e non solo dentro i 5S. "Oggi sono tutti con lei ...vedrà quando scatterà il semestre bianco quanti temerari dissidenti usciranno fuori", dice intervenendo in Aula e ribadendo il voto contrario del suo partito. Salvini intanto si dice convinto che presto in Parlamento ci saranno altre novità: una manciata di parlamentari traslocherà alla Lega - assicura - e non saranno solo M5S. L'altro Matteo si candida invece a essere la "casa del buonsenso", vale a dire dei "riformisti" che in Francia guardano a Macron. In cima all'agenda del premier ovviamente c'è la lotta al Covid. Accelerare la campagna vaccinale è una priorità condivisa, meno facile trovare la via per riuscirci. Una direzione la indica il segretario del Pd Nicola Zingaretti: "La vera scommessa è lavorare perché l'industria italiana possa produrre di più da noi". In dodici mesi sono però tanti i settori che la pandemia ha piegato. Il premier ha già chiarito di voler proteggere tutti i lavoratori colpiti ma allo stesso tempo di non credere che sia possibile proteggere tutte le attività entrate in crisi. Alcune occorrerà ripensarle. Il turismo è però un'altra storia: in un Paese come il nostro è un bene fondamentale che sarà tutelato, assicura ancora una volta. Internazionalizzazione e modernizzazione sono comunque assi portanti dell'azione del governo. Torna poi sulla giustizia l'ex presidente della Bce: accanto a quella civile cita per la prima volta anche quella "penale". Sono un "servizio pubblico fondamentale" e come tale devono rispettare tutte le garanzie e i principi costituzionali". Vale a dire "un processo giusto e un processo di durata ragionevole, in linea con la media degli altri Paesi europei". Parole che raccolgono i consensi più ampi, anche se il tema è altamente divisivo in Parlamento e mettervi mano non sarà facile.