Mes, riforme, patrimoniale. Ormai siamo al tutti contro tutti: dentro la maggioranza, con il Partito Democratico schierato per il Mes assieme a Italia Viva ma contro i Cinque Stelle e pezzi della sinistra in attesa del voto di mercoledì 9 sulle comunicazioni di Conte; dentro i partiti, con le fibrillazioni interne ai pentastellati e i dissidenti dem in Senato che si organizzano contro la linea della segreteria sulle misure anti Covid; dentro il governo, dove i vertici si susseguono ormai senza soluzione di continuità, ma quasi mai arrivano a meta. Ma anche la 'minà della patrimoniale, innescata da Nicola Fratoianni e Matteo Orfini, sconfessata dal Pd e riemersa, seppure con una pelle diversa, dopo le parole di Beppe Grillo. «E' inevitabile chiedere a Conte una iniziativa», spiega il vice segretario del Pd Andrea Orlando: «Abbiamo sostenuto tutte le indicazioni contenute nei 27 punti del programma e siamo stati leali. Adesso chiediamo la stessa lealtà agli altri, anche nei confronti di quegli italiani che con i tagli dei parlamentari e senza legge elettorale non saranno rappresentati». Ce n'è più che a sufficienza per aprire gli scenari più diversi, dalla crisi di governo al rimpasto (che tutti ufficialmente negano di volere), per arrivare al voto anticipato e tutti notano come la tela dell’esecutivo sia sempre più sfibrata ma a ogni ostacolo mostri una insospettabile tenuta. Quali di questi scenari finirà per realizzarsi dipende anche da come il paese, e Giuseppe Conte, affronteranno le festività natalizie. Perchè se il decreto Natale e il Dpcm saranno in grado di respingere la terza ondata di pandemia della quale si parla già da tempo, allora il premier vedrà rafforzata la propria posizione. Se così non fosse, però, la strada sarebbe segnata e gli occhi dei leader tornerebbero a guardare al Colle. Il Capo dello Stato ha fatto capire fin qui e in molti modi che in caso di crisi aperta sulla riforma del Mes, non si metterebbe ad alambiccare trascinando una crisi di governo infinita. La legge elettorale è applicabile e le elezioni potrebbero paradossalmente non essere la via più lunga per arrivare a un chiarimento della situazione. Certo, bisognerebbe spiegare agli italiani perchè si intende aprire una crisi in piena pandemia, e se la maggioranza cadesse sulla riforma del Mes ci sarebbe anche da spiegare a Bruxelles cosa intende fare l’Italia nei prossimi anni, se vuole davvero i fondi del Recovery, ad esempio, e come intende usarli. Ma se fosse proprio una tema cruciale di politica estera a non avere i voti in Parlamento, tali voti non ci sarebbero nemmeno per sostenere alcun governo e dunque le urne sarebbero l’unica strada. Delle difficoltà della maggioranza potrebbe approfittare Matteo Salvini, e intanto il vice presidente di Forza Italia, Antonio Tajani, conferma che il suo partito, il 9 dicembre, voterà contro la riforma del meccanismo europeo. E anche sulla patrimoniale, la maggioranza fibrilla. L’emendamento presentato da Fratoianni e da Orfini è stato segnalato, che in parole povere vuol dire che verrà messo molto probabilmente ai voti alla Camera. Il Pd lo ha disconosciuto. Ma Grillo ha rilanciato il tema e Luigi Di Maio gli ha dato manforte, anche se la patrimoniale made in M5s, spiega il ministro, è solo sui «super-ricchi».. Da ultimo il Recovery Fund: la governance che dovrà gestire i fondi per la ricostruzione post Covid è ancora argomento di dibattito, ma la linea che sembra vincere è quella di Conte, condivisa da Pd e M5s, per una cabina di regia agile, formata dal premier e dai ministri di Economia e Sviluppo Economico, con il ministro agli Affari Europei a fare da raccordo con Bruxelles. Contrario a questa impostazione è Renzi convinto che non serva una nuova task force. Il nodo potrebbe essere sciolto lunedì, quando si terrà una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri ad hoc.