Dal sostegno a un ipotetico bis per Mattarella al Colle a un’altrettanto sentita stima per Mario Draghi - con annesso invito a non tirarlo interessatamente per la giacchetta - passando per un accenno alla riforma della legge elettorale, con tanto di endorsement di un’eventuale ritorno delle preferenze. Giuseppe Conte coglie l’intervista pubblica alla Festa del Fatto Quotidiano come occasione per una riflessione ad ampio raggio sull'attualità, senza sottrarsi dai temi più direttamente oggetto del confronto politico, oltre a quelli di scenario come la partita Ue su Recovery Fund e, ovviamente, la ripartenza interna con la sfida del coronavirus. E assicurando, a proposito di appuntamenti politici alle porte, che l’esito delle Regionali non influirà sulla tenuta del governo.
«Abbiamo un sistema di monitoraggio elevato e possiamo affrontare l’autunno con fiducia, senza un nuovo lockdown», sottolinea Conte mentre osserva che la riapertura al pubblico degli stadi, è «inopportuna». «Nello stadio l’assembramento è inevitabile, dentro, come entrando e in uscita», spiega. E liquida, il presidente del Consiglio, i No Mask in piazza oggi a Roma con una secca battuta: «Oltre 274mila contagiati e 35 mila decessi. Punto».
Capitolo Regionali. Conte annota che la strada, anche a livello territoriale, è quella «del dialogo» e «del fatto che non sia riuscito - annota - ne prendiamo atto». Vero è che «le forze di maggioranza, io stesso le vedo in difficoltà: abbiamo un centrodestra che si presenta unito e abbiamo forze di maggioranza che si presentano in ordine per lo più sparso» ma anche in caso di un’affermazione del centrodestra «il contesto è diverso» rispetto a spallate del passato. «Abbiamo la prospettiva a livello nazionale per la ricostruzione. Una grande responsabilità, non potremmo interrompere questo lavoro», avverte.
Conte chiude anche a chi contesta il merito della contesa referendaria. Questa è una riforma «votata dalla stragrande maggioranza parlamentare», spiega: «Se si passa da 945 a 600 parlamentari, l’opinione del presidente del Consiglio è che non venga pregiudicata alcuna prerogativa parlamentare. Con le nuove regole chi sarà eletto ne sentirà ancora di più la responsabilità».
E guardando regole degli appuntamenti elettorali, Conte auspica una legge elettorale «come quella frutto dell’accordo di maggioranza: a me la sfiducia costruttiva piace molto» e aggiunge un elemento in più: «Se si arriva alle preferenze non la vedo negativa. Il principio mi piace. Ci arriverei successivamente, ci sono state in passato delle distorsioni, ma il principio delle preferenze mi piace».
Ma nella giornata è il dossier Recovery Fund a far registrare una quadratura tra i principali protagonisti politico-istituzionali.
«L'Italia non ha mai avuto 209 miliardi da spendere, neppure con il Piano Marshall» e questa «è una sfida storica, ne va della credibilità dell’Italia in Europa. E’ la ragione per cui in agosto abbiamo lavorato tanto per il Recovery Fund, con tantissimi progetti che oggi stiamo selezionando evitando la parcellizzazione», esorta Conte.
Un approccio analogo a quello di Nicola Zingaretti che punta su «sette cantieri precisi» il contributo Pd al Recovery Fund, per «non riportare indietro le lancette» e in modo da «non disperdere in mille rivoli» le risorse. Il segretario Pd disegna «un percorso per contribuire alla rinascita italiana» e segnala la necessità «di cogliere l’opportunità del Mes, pur in un contesto complessivo». Il segretario Pd torna a ribadire che «le politiche delle destre nazionaliste sono ricette sbagliate e negli ultimi 250 giorni si sono rivelate tali» e sottolinea che «per fortuna l’Italia non è stata governata da questa cultura delle destre, quella del piccone, dell’odio e dei nazionalismi che uccidono la speranza».
Ed è Sergio Mattarella - nel videocollegamento dal Quirinale per il Forum Ambrosetti - a ricordare che «i cittadini vivono con ansia il presente e guardano al futuro con incertezza». «Il processo di varo del piano di ripresa deve procedere con grande rapidità per rendere disponibili le risorse già all’inizio del 2021», sprona quindi il Presidente della Repubblica, rivolgendosi a Ue e stati membri. Dunque «la preparazione dei piani nazionali di rilancio da sottoporre agli organi comunitari deve avvenire con sollecitudine: entra in gioco per i singoli Stati il valore delle responsabilità».
E si torna allo scacchiere interno visto da Palazzo Chigi. Conte rinnova il suo apprezzamento per il Capo dello Stato ("dal mio punto di vista, se ci fossero le condizioni per un secondo mandato lo vedrei benissimo», annota) e 'difendè Mario Draghi dicendo che «quando si fa il suo nome ho l’impressione che lo si tiri per la giacchetta». E questo, precisa, «non lo dico perchè lo considero un rivale».
Il presidente del Consiglio manda un segnale chiaro sul mandato dei vertici dei Servizi ("in un momento di crisi non vado a modificarne l’assetto"), sul dossier Alitalia ("non sarà più un carrozzone di Stato"), e una stoccata in campo avverso ("con FI il dialogo è costante e molto istituzionale, con Meloni anche ci siamo confrontati varie volte. Con Salvini ho qualche difficoltà, perchè quando chiamo non vengo richiamato...».
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