Risalgono i contagi, dubbi sulle riaperture di giugno: ipotesi quarantena, scontro sul certificato proposto da Musumeci
Risalgono i contagi e spuntano nuovi dubbi sulle riaperture dei confini regionali dal 3 giugno dopo due mesi e mezzo di chiusure. In particolare fanno discutere i numeri della Lombardia e che complicano la soluzione. In ogni caso nessuna decisione sarà presa prima di domenica o dell'inizio della settimana prossima. Ma nell'attesa si accende lo scontro tra le Regioni del nord ovest, con il sindaco di Milano Giuseppe Sala in testa, e quelle del centrosud, preoccupate dal possibile liberi tutti e dall'arrivo indiscriminato di cittadini da territori dove la diffusione del virus è molto alta. Sala contesta soprattutto la proposta arrivata da Sicilia e Sardegna attraverso i presidenti di Regione Musumeci e Solinas sulla patente di negatività per poter varcare il confine. "Vedo che alcuni presidenti di Regione, ad esempio quello della Liguria Giovanni Toti, dicono che accoglieranno a braccia aperte i milanesi, altri dicono 'magari se fanno una patente di immunità' è meglio. E io non andrei in vacanza laddove fosse richiesto un test di negatività al virus", dice Sala. Un attacco diretto a chi come il presidente della Sardegna Christian Solinas ha proposto - trovando finora l'appoggio solo di Nello Musumeci - che chiunque arrivi sull'isola debba avere un certificato di negatività. "E' l'ennesima strumentalizzazione infelice, Sala in materia di coronavirus dovrebbe usare la decenza del silenzio, dopo i suoi famigerati aperitivi pubblici in piena epidemia - ha replicato Solinas -. Nessuno ha chiesto improbabili patenti di immunità, ma un semplice certificato di negatività, proprio per poter accogliere al meglio e in sicurezza tutti i cittadini, soprattutto quelli che sarebbero fortemente penalizzati se il Governo andasse avanti nell'ipotesi di bloccare la mobilità dei residenti in regioni considerate a rischio". Ma la proposta non è tramontata. Solinas, infatti, la porterà in Conferenza delle Regioni e, se ci sarà il via libera, alla Conferenza Stato-Regioni del 29 maggio. Uno degli appuntamenti cruciali in vista del 3 giugno, con il presidente Stefano Bonaccini che invita alla calma: "Mi auguro che si possa riaprire tutti, perché vuol dire che cala il rischio. Bisogna prendere una decisione insieme, condivisa". Al fianco di Sala si schierano Massimiliano Fedriga e Toti. All'opposto è invece il sindaco di Napoli Luigi de Magistris: "Se dovessi decidere adesso, non ci sono le condizioni per consentire liberamente uno spostamento dalla Lombardia e dal Piemonte verso le altre regioni a meno che non si garantisca la previa acquisizione del tampone negativo". Posizioni inconciliabili, con il governo che dovrà mediare, tentando di trovare una linea comune. Ma più si avvicina la data del 3 giugno e più crescono i dubbi anche all'interno dello stesso governo. "Dobbiamo avere massima cautela - dice il reggente dei Cinquestelle Vito Crimi - considerando che in Lombardia ancora si muore, credo che un piccolo sacrificio serva, magari autorizzando spostamenti tra aree limitrofe". Fonti di governo ribadiscono che almeno fino a domenica non verrà presa alcuna decisione: venerdì 29 saranno disponibili i dati del monitoraggio relativo alle aperture del 18 e gli esperti hanno chiesto ulteriori 24-36 ore per poter valutare anche i numeri relativi al weekend scorso, quello delle immagini della movida. Tra domenica e lunedì si deciderà, con la possibilità concreta che - nel caso in cui venissero individuati nuovi focolai - possano scattare delle zone rosse ad hoc per evitare la diffusione del virus. Un'altra ipotesi su cui si sta ragionando è quella di lasciar cadere i divieti disponendo però la quarantena obbligatoria per chi si sposta da una regione all'altra. Un escamotage che servirebbe a stoppare movimenti di massa ma che è altamente improbabile: dal 3 giugno sarà infatti possibile venire in Italia, senza quarantena, per tutti coloro che risiedono nell'area Schengen e in Gran Bretagna. Sarebbe impensabile consentire a loro di circolare liberamente mentre gli italiani dovrebbero rimanere in isolamento per 14 giorni. Quel che è certo, ribadiscono fonti di governo, è che la decisione che verrà presa varrà per tutti. Se qualche governatore dovesse fare un passo più lungo, con ordinanze restrittive rispetto alle scelte dell'esecutivo, scatterà l'impugnazione. Su tutto però pesano i numeri.