Al vaglio del Ministero dell'Istruzione l'esame di maturità 2020 individualizzato. Si tratterebbero di prove diverse per ogni classe e strutturate in base al programma svolto durante l'anno. Il ministro Lucia Azzolina ha precisato che l'esame che attende dal 17 giugno oltre 500 mila studenti, sarà «serio e non farà perdere quel sapore» proprio dell’esame di Stato. Questa mattina, ai microfoni di Tutti in classe su Radio Rai Uno ha ammesso per la prima volta che «stiamo pensando a tutte le possibili soluzioni, se si tornerà a scuola, chiaramente», lasciando intendere la possibilità di non rientrare sui banchi fino a settembre. Da settimane al Ministero si studiano tutti gli scenari possibili in attesa del rientro a scuola dopo Pasqua (poco probabile) o nel mese di maggio (ipotesi più accreditata) o appunto su una non riapertura fino a settembre. Sulla maturità e gli esami di terza media, il ministro ha accennato alla possibilità di una prova "in cui ogni classe si regolerà in base al programma effettivamente svolto". Nulla però è stato specificato anche se potrebbe probabilmente trattarsi di una tesina, come chiedono da giorni gli studenti, che andrebbe a sostituire la seconda prova scritta ed è possibile che le commissioni siano interne, perchè meglio di quelle esterne sanno fino a che punto il programma è stato svolto. Azzolina ha comunque ricordato che «l'esame di Stato riguarda il percorso compiuto lungo i 5 anni di scuola superiore» ma che al tempo stesso occorre tutelare i ragazzi «su quella parte di programma da febbraio a giugno» che effettivamente è stato svolto. Sulle problematiche inerenti i voti da dare attraverso la didattica a distanza, la ministra ha evidenziato che i docenti "hanno la piena libertà di valutare come ritengono, moltissimi già lo stanno facendo" e ha aggiunto di non avere «l'ossessione del voto: importante è stare vicino ai ragazzi, che in questo momento sono smarriti». Ha poi assicurato che sta per firmare il decreto con il quale vengono assegnati 85 milioni per la didattica a distanza che funziona «a macchia di leopardo» ma comunque non vedrà una contrapposizione tra Nord e Sud e solo «una minima parte dei docenti ha incrociato le braccia» di fronte alle novità poste dalla nuova forma di insegnamento. Intanto i sindacati fanno notare che l’anno scolastico che si aprirà rischia di vedere un boom di supplenti, anche dal momento che le procedure concorsuali per l’assunzione di circa 50 mila docenti sono al momento ferme. I calcoli dicono che all’inizio del prossimo anno il corpo docente potrebbe essere costituito per il 25% da precari. I Cobas chiedono che il concorso straordinario sia per soli titoli per tutti i precari che hanno maturato 36 mesi di servizio, e così pure la Uil scuola; la Gilda chiede per gli stessi l’avvio di un percorso abilitante; la Cisl scuola propone una sorta di doppio canale che consentirebbe sia di offrire accesso al lavoro di insegnante per le giovani leve neo laureate con concorsi ordinari banditi regolarmente, sia di valorizzare l’esperienza di lavoro accumulata almeno per tre anni da quanti oggi già insegnano ma sono precari.