Ritorna il dibattito sulle chiusure domenicali e festive dei negozi. A rilanciare la proposta è il ministro degli Esteri e capo politico del M5S, Luigi Di Maio. «Dopo il Decreto Dignità e il Decreto Riders, dobbiamo andare avanti come Governo nella tutela delle persone che lavorano, come nel caso delle partite Iva e dei lavoratori dipendenti degli esercizi commerciali che, a causa delle liberalizzazioni, sono sprofondati nella giungla degli orari di apertura e chiusura, cercando invano di battere i centri commerciali, rimanendo aperti 12 ore al giorno e 7 giorni su 7», scrive Di Maio in un post su Facebook. A febbraio scorso la maggioranza aveva presentato il testo che prevedeva la serrata per gli esercizi commerciali in 26 domeniche su 52 e in 8 festività su 12 ma poi con la crisi di Ferragosto e la caduta del governo gialloverde, sembrava che il provvedimento fosse stato accantonato. Immediata la reazione delle organizzazioni di categoria: per Confesercenti ben venga il confronto sulle liberalizzazioni mentre per Confcommercio il problema non sono gli orari. «Riaprire il confronto sulle liberalizzazioni del commercio è positivo. In questi anni il sempre aperto ha contribuito a spostare quote di mercato dai piccoli esercizi alla grande distribuzione, portando alla chiusura decine di migliaia di negozi. Un riequilibrio della concorrenza nel settore è necessario, ma la regolamentazione delle aperture è solo uno degli strumenti», spiega il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni, sottolineando che «la crisi del commercio colpisce soprattutto le piccole attività, ma non riguarda solo quest’ultime» e per questo «abbiamo chiesto al governo di aprire un tavolo di rilancio» per il commercio. «Gli orari sono un falso problema. Non è il tema per risolvere il problema del commercio», afferma Enrico Postacchini, membro di giunta Confcommercio con delega alle politiche commerciali. «Se il problema è la qualità di vita dei lavoratori dipendenti, questi sono tutelati dal contratto perché hanno maggiorazione festiva e hanno il recupero», sottolinea Postacchini, precisando che «il problema può riguardare i piccoli titolari che non hanno dipendenti e che si sentono obbligati a stare aperti per rimanere sul mercato. Però non può valer la regola che siccome io non riesco a stare aperto, siamo tutti chiusi. Questo è inaccettabile». Per Confcommercio le priorità sono altre, come «una vera web tax, poi rimettere al centro delle riqualificazioni commerciali-urbanistiche le attività del retail già oggi presenti, quindi un intervento sugli affitti commerciali e sulla fiscalità che mette in ginocchio l’attività commerciale». Critiche arrivano dai consumatori, con l’Unc che invita il governo a mantenere l’apertura libera dei negozi. «E' incredibile che con tutti i problemi dell’Italia, ci sia ancora qualcuno che vuole modificare una norma che sancisce una sacrosanta libertà di impresa, quella di poter aprire quando si vuole il proprio negozio», tuona il presidente Massimiliano Dona.