In un lungo surplace che sarebbe piaciuto a Felice Gimondi, Matteo Salvini e Giuseppe Conte si guardano a distanza, studiando le mosse l’uno dell’altro, in vista delle comunicazioni del presidente del Consiglio al Senato martedì prossimo. Cosa farà «l'avvocato del popolo» dipenderà anche da quel che deciderà il capo della Lega? Forse no, ma è certo che il ministro dell’Interno senta il peso di un forte imbarazzo con il crescere delle difficoltà negli ultimi giorni, di fronte all’ipotesi realistica di un accordo M5S-Pd.
Il cambio di strategia, e le concessioni teoriche a Luigi Di Maio, hanno solo portato gli ex alleati pentastellati ad alzare la posta, mettendo apparentemente all’angolo il leader leghista. Il quale a questo punto sembrerebbe intenzionato a presentare comunque la risoluzione di sfiducia a Palazzo Madama, si racconta in alcuni settori della Lega; mentre in altri si parla di un leader che
sta studiando il «colpo di scena» in Parlamento.
Bocche cucite sugli scenari possibili, ma qualcuno nel partito di via Bellerio azzarda ad una proposta di governo di scopo, con tempi e programma certi, a cui potrebbe partecipare anche la Lega. Tutto da verificare e senza nessuna conferma ufficiale o ufficiosa. Sta di fatto che contro Salvini, da quando ha aperto la crisi, c'è il «partito del non voto», divenuto via via più potente e convinto dei propri mezzi. Renziani (ovvero la stragrande maggioranza dei parlamentari Pd) e cinquestelle ne
costituiscono la spina dorsale, ma potrebbe aggiungersi forse anche Forza Italia, nel caso la Lega non dia garanzie in chiave
di alleanza elettorale. E soprattutto se Pd e 5 stelle, ben avviati nella trattativa, non riusciranno a stringere su un governo di legislatura.
Nell’ultimo intervento a sorpresa al Senato, il giorno della conta sul calendario della crisi, Salvini aveva provato a sparigliare proponendo taglio dei parlamentari ed elezioni subito. Ora si valuta che carta da giocare abbia, dopo che le ultime mani del poker politico sembrano essersi rivelate controproducenti. La Lega deve decidere anche se presentare la soluzione contro Conte, oppure stare a guardare cosa fa il presidente del Consiglio. Che sta valutando, al momento, tre possibili opzioni: fare le comunicazioni e attendere gli sviluppi del dibattito per decidere la mossa successiva; parlare e poi annunciare che si recherà al Quirinale a dimettersi; intervenire chiedendo un voto di fiducia sulle sue comunicazioni.
L’incertezza sulle mosse di Salvini interroga anche il M5S, all’improvviso in condizioni di indirizzare il gioco per tornare assieme ma solo in posizione di forza. Una prospettiva assai remota che lascia sempre in pista l’intesa col Pd e, sullo sfondo, il governo di scopo con tutti dentro ma esclusi Lega e Fratelli d’Italia.
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