Tutti contro Salvini e Salvini contro tutti, o così pare. Il giorno dopo l’aula del Senato che sembrava decisiva per la crisi di governo, e che ha registrato la data del 20 agosto come "fine corsa" per il premier Conte e il rilancio della Lega sull'ok al taglio dei parlamentari prima del voto, il vicepremier tiene il punto e insiste sulla sfiducia all’avvocato del popolo. «Il 20 agosto sfiduceremo il premier», martella il leader leghista riferendosi alla risoluzione che il suo partito dovrebbe presentare subito dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio, previste appunto martedì a Palazzo Madama. Il mantra restano le elezioni subito e il «no a giochini di palazzo o governi strani», ammonisce Salvini. Ma ora il "capitano" sembra più isolato, complice forse per un giorno la tregua del silenzio dettata dal primo anniversario del crollo del ponte Morandi, per rispetto delle 43 vittime. Contro di lui Pd e Leu, oltre al risentimento di Forza Italia per un’eventuale lista elettorale unica che rischia di affogare il partito di Berlusconi. Al coro si uniscono gli ex alleati, sempre più distanti dal socio di contratto, ora bollato come "incoerente". Se sfiducia deve essere, «allora perché continua a rimanere incollato alla poltrona?», gli chiede il M5s sul suo blog. Rilancia la raccolta firme per le sue dimissioni pure Matteo Renzi: «Quando si perde, ci si dimette. Il Viminale ha bisogno di sicurezza, non di odio» e scrive su Twitter: "Arriviamo a 50 mila firme entro il 20 agosto?". Ma se si allontana l’ipotesi di riaprire il dialogo con i 5s, si fa più vicina quella di una nuova maggioranza tra il Movimento e i Dem. Non la esclude Carla Ruocco, deputata 5S più vicina al presidente Fico: «Se si riesce a stilare un programma importante, non si esclude nulla», mentre è netta sul no a una seconda chance con la Lega: «Non ci sono margini». Possibilista pure Graziano Delrio: «In una democrazia parlamentare - evidenzia il capogruppo Pd alla Camera - se c'è una crisi di governo allora esiste anche la possibilità che quello stesso Parlamento possa garantire maggioranze alternative». Perplessità sul rebus elezioni da parte del sottosegretario Giancarlo Giorgetti: sarebbe stato più facile andare a votare subito, se si fosse aperta prima la crisi di governo, conferma il leghista. E continua: «Ho sempre detto e lo ribadisco che secondo me, con le condizioni date, un voto» per sfiduciare Conte «non avrebbe senso: avevano senso le sue dimissioni». Il vicepremier ha sbagliato i tempi della crisi? «Sono le decisioni di un capo, un capo decide sempre lui da solo», taglia corto Giorgetti. A ingarbugliare la situazione, il colpo di teatro di Salvini, ieri al Senato, per chiudere la partita della riforma costituzionale voluta dai 5 Stelle (ultimo passaggio in calendario alla Camera il 22 agosto) e poi dire addio al governo giallo-verde, tornando al voto. Un bluff per molti (ma il bluff fallirà, secondo l’ex presidente del Senato Pietro Grasso). Va oltre il leader del M5s: «E' una mossa della disperazione - ribadisce Luigi Di Maio in un’intervista al Fatto quotidiano - E comunque quando si va al voto lo decide il presidente della Repubblica, non certo lui». E insiste: Salvini «si è infilato in un cul de sac» perché in base ai regolamentari parlamentari, «se vuole votare il taglio degli eletti, dovrà prima ritirare la mozione di sfiducia a Conte». D’ora in poi - aggiunge - fra loro si chiameranno per nome e cognome, altro che amicizia. Lo dimostra il gelo tra i due, entrambi alla cerimonia a Genova e che non si sono parlati né scambiati il segno della pace a messa. Freddi anche i rapporti con Forza Italia dopo la proposta del listone. Fi oltretutto sospettosa che la mossa di Salvini sul taglio dei parlamentari porti il voto alle calende greche . Tant'è che di incontro tra il leader della Lega e Silvio Berlusconi non è ancora all’orizzonte. Mentre c'è stato quello tra Salvini e Giovanni Toti: i due si sono incontrati a pranzo dopo la cerimonia per le vittime del ponte. Ufficialmente sul tavolo, i problemi di Genova e delle infrastrutture della Liguria. Inevitabile pensare che abbiano discusso del futuro del centrodestra e del ruolo di «Cambiamo» (il movimento che ha segnato la scissione del governatore dagli azzurri) rispetto alle prossime elezioni e a una nuova maggioranza in Parlamento. (ANSA)