Lunedì 18 Novembre 2024

Decreto Sicurezza bis al Senato, maggioranza di governo alla prova

La maggioranza assoluta, con ogni probabilità, non sarà raggiunta. E anche se il decreto sicurezza bis passerà in Senato, Matteo Salvini «conterà i voti» dei senatori M5s, per valutarne la tenuta. Sarà un ulteriore spunto di riflessione per capire se la maggioranza giallo-verde ha ancora la forza di andare avanti. È quanto trapela, dopo l’ultimo aggiornamento del pallottoliere in Senato e mentre il leader leghista, da Colico, attacca a testa bassa gli alleati e li avverte sull'altro passaggio atteso in Aula prima delle vacanze, la Tav: «La mozione M5s è un problema, chiunque dirà no metterà a rischio il governo. Sono stufo degli attacchi di Di Battista, Di Maio, Grillo, Toninelli: o tutti fanno il loro lavoro o la pazienza finisce», avverte. In quarantotto ore, un pericoloso crocevia di voti al Senato sul decreto sicurezza bis e sulla Tav, rischia di aprire una inedita crisi ferragostana. L’attenzione è tanta. Il decreto salvianiano, con un’accelerazione, dovrebbe essere votato con la fiducia stasera e passare, anche grazie ad assenze come quella dei senatori vicini a Toti. Ma Salvini non si fida della capacità di tenuta del gruppo pentastellato: una pattuglia di dissidenti M5s - sei, secondo gli ultimi calcoli - rischia se non di affossare il testo, di far mancare la maggioranza assoluta. E a quel punto potrebbe aprirsi un problema politico. «Vedremo, la giornata sarà lunga, io sarò in Senato per il voto», ha detto ieri Matteo Salvini ostentando sorrisi, all’ultimo giorno di vacanza a Milano Marittima. Il vicepremier ignora le critiche per la sua performance alla consolle del Papeete beach ("Porti rispetto per l’inno di Mameli», attacca Nicola Zingaretti) e anche per lo scontro con un cronista di Report sul caso Savoini. Non abbassa i toni. E moltiplica gli avvertimenti al M5s. Tanto che ingaggia un nuovo duello con Alessandro Di Battista: «Stasera (ieri, ndr) potrei mandarlo a cagare», ha detto greve. E il pentastellato risponde per le rime: «Non me ne frega nulla che si sia inginocchiato davanti ad una cubista, mi indigna che si sia inginocchiato davanti al potere dei Benetton e alle Coop, anche quelle rosse», infilza. A Luigi Di Maio, il vicepremier leghista ha chiesto di dare il via libera a temi per il M5s tossici come trivellazioni, sanatoria per l’Ilva, Gronda, termovalorizzatori. E Autonomia. Altrimenti, ha scandito, sarà crisi. Di Maio si mostra in video, in t-shirt, ma parla di altro, di norme sul lavoro. Non replica, per non dare sponde alla campagna agostana di Salvini a caccia di voti nel centro-sud, che dal 7 all’11 agosto toccherà Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. I pentastellati non vogliono dare all’alleato pretesti per rompere: il ministro Bonafede media sulla giustizia. Ma il problema, spiega un leghista, è che Di Maio rischia di non tenere i suoi gruppi parlamentari. La maggioranza sulla carta conta 167 senatori (difficile però che Umberto Bossi riesca ad esserci). Se il decreto sicurezza bis fosse bocciato - ipotesi assai remota - si aprirebbe la crisi. Ma se, nel voto di fiducia, l’asticella si fermasse sotto la maggioranza assoluta di 161, potrebbe essere anche Salvini, oltre alle opposizioni, a porre il tema politico di una maggioranza che non c'è. In casa leghista trapela ottimismo. Secondo i calcoli, sarebbero sei i Cinque stelle pronti a non votare la fiducia. Ma i Cinque stelle hanno rassicurato la Lega: quel numero può solo ridursi, non aumentare. Oltre a Elena Fattori, che potrebbe votare No, gli altri potrebbero uscire dall’Aula: si citano Virginia La Mura, Lello Ciampolillo, Matteo Mantero, Alberto Airola, Pietro Lorefice, Mattia Crucioli. In più, ad aiutare dovrebbe arrivare l’uscita dall’Aula di cinque o sei senatori 'totiani' ma potrebbe esserci anche alcune assenze 'amiche', per abbassare il quorum, ad esempio tra le fila FdI. Ancora quarantotto ore assai delicate. Ranghi serrati: tutti convocati. Matteo Renzi, per dire, torna dagli Usa per essere presente in Aula. Perché oltre al dl sicurezza, martedì si voteranno le mozioni sulla Tav e allora emergerà con chiarezza la spaccatura giallo-verde. La Lega voterà contro la mozione No Tav del M5s ma dovrebbe dire sì a quelle pro-Tav di Pd, FI e Bonino. I leghisti scioglieranno la riserva però solo dopo aver riletto i testi, per verificare che non nascondano tranelli. (ANSA)

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