È l’ora del grande gelo, a Palazzo Chigi. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si vedono, per la prima volta a tu per tu da settimane, senza avvertire Giuseppe Conte. Riannodano i fili di un dialogo ma non accorciano le distanze: sulla manovra tra M5s e Lega sono già botte da orbi, con una frenata pentastellata sulla flat tax. Ma è con il premier che la tensione è ai massimi livelli. Ed è la scena a raccontarlo.
Mentre i due vicepremier sono riuniti nella sede della presidenza, il presidente del Consiglio esce a piedi per andare a pranzo in un ristorante di sushi con il suo staff. «Dobbiamo lavorare, non chiacchierare», dice lapidario. E respinge sdegnato i sospetti nati nello stesso governo: «È pura fantasia che io voglia una nuova maggioranza o farmi un partito».
Salvini, dopo essere passato all’incasso sulla Tav, punta dritto alla flat tax e arriva a evocare le elezioni anticipate: bisogna sfidare l’Ue perché «o riusciamo a tagliare le tasse per tanti con una manovra da decine di miliardi o chiediamo il parere agli italiani», dice il ministro. E dice di non aver «ancora capito» quale sia l’idea di manovra. Il bersaglio diretto è Giovanni Tria: «Se pensa di fare una manovra economica da robetta», una manovricchia, «non sarà il nostro ministro dell’Economia». Le incognite che gravano sul governo sono ancora molte. Tanto che un dirigente pentastellato ammette: «Non so se sia recuperabile il rapporto con la Lega».
Conte avrebbe chiarito con Di Maio la vicenda dell’uscita dall’Aula dei senatori M5s mercoledì, mentre lui parlava. Ma tra i Cinque stelle montano l’insofferenza e le fibrillazioni dopo il via libera alla Tav: il timore è che il gruppo possa non reggere nel voto al Senato sul decreto sicurezza bis, con una fronda di dissidenti che con il loro No aprirebbero la crisi di governo. Già alla Camera in 17 non votano e Roberto Fico esce dall’Aula. Assenze che però il Movimento 5 Stelle dice essere giustificate, con l’unica eccezione di Doriano Sarli.
La temperatura è rovente però soprattutto tra Conte e il vicepremier leghista. Conte viene descritto parecchio irritato per essere stato accusato di un tentativo di ribaltone e lo dice: in caso di governo «andrei in Parlamento per trasparenza e non per una nuova maggioranza», bisogna «volare alto» e non ragionare «con i peggiori schemi della prima Repubblica». Ma Salvini scrolla le spalle. E contrattacca.
«Mi interessano meno di zero» le parole di Conte su Savoini, dichiara nelle ore in cui il Pd formalizza la mozione di sfiducia nei suoi confronti (in questo caso in soccorso dovrebbero comunque venire i voti del centrodestra). E sul sì alla Tav pungola Conte: «Avrà studiato e capito quel che noi sapevamo». Il premier riunisce per sei ore a Palazzo Chigi, con Di Maio e Giovanni Tria, le parti sociali in vista della manovra. I lavori «ufficiali» iniziano in questo momento, dice ai sindacati, derubricando il vertice al Viminale. «Il vero vertice è questo», gongola il M5s. Che depotenzia la flat tax con la proposta di un taglio al cuneo fiscale da 4 miliardi e sbandiera il principio di «progressività» come irrinunciabile: «Ho letto che la Lega vuole fare una flat tax volontaria, mi auguro non ci sia una fregatura», dichiara Di Maio. Ma la Lega, per tutta risposta, boccia l’idea di Di Maio: «Quattro miliardi sono pochi, serve coraggio».
E’ quello il prossimo fronte, mentre tanti altri restano ancora aperti. Sull'autonomia la prossima settimana si affronterà la questione fiscale ma intanto, dopo un incontro di Conte con Stefani e Bonisoli, non si sciolgono neanche i nodi sui beni archeologici. La Lega è in pressing anche sulla Gronda. E sarebbe ancora lontana la soluzione del rebus commissario Ue. Resta sul tavolo l’ipotesi rimpasto.
Nel faccia a faccia con Di Maio, Salvini lamenta scelte e dichiarazioni del ministro ai Trasporti Danilo Toninelli: i no più pesanti sono venuti da lui. Ma il capo M5s ribatte che anche su scuola, agricoltura e turismo (titolari i leghisti Bussetti e Centinaio) il governo non brilla. Sullo sfondo, resta il rischio di una crisi. Perché è vero che Salvini dopo aver parlato per un’ora con Di Maio dichiara che il governo «va avanti». Ma in casa Lega, pur raccontando un rapporto personale buono, smorzano l’ottimismo di fonti pentastellate che descrivono i due vicepremier andare avanti "spalla a spalla». Nella maggioranza si diffonde l’impressione di un asse tra i leader di M5s e Lega che esclude Conte. Ma anche questa immagine i leghisti smentiscono.
Il punto, affermano, è che la durata del governo si misurerà sulle cose concrete: non servono faccia a faccia, ma - è la linea - risposte. E serve un premier, chiosa un deputato, che torni al suo ruolo di arbitro, senza protagonismi.
(ANSA)
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