Nuovo scontro Trenta-Salvini, questa volta per un tweet, postato e poi rimosso. Una vicenda - si ragiona in ambienti parlamentari - che il Quirinale segue, anche se non entra, al momento, nel merito. All’origine di tutto una notizia, che la Difesa definirà poi «falsa», secondo cui due pattugliatori della Marina militare sarebbero intervenuti in «soccorso» di nove pescherecci italiani presi di mira da alcune motovedette libiche con il possibile intento di sequestrarli e portarli a Tripoli. Il ministro della Difesa si complimenta con la Marina per l’intervento, ma poco dopo il tweet viene rimosso e poi rettificato.
Il Viminale definisce la Trenta «disinformata» e attacca: «faccia il ministro, i militari meritano di più». Altrettanto dura la controreplica del Movimento 5stelle - «il nostro ministro non si tocca» - e della Difesa stessa: «Salvini usa il Viminale a fini elettorali». E in questa lite tra alleati si inserisce l’opposizione, dal Pd a Forza Italia, che bolla di «inadeguatezza» entrambi, stigmatizza lo scontro tra i ministeri e si chiede: «in che mani è la sicurezza nazionale?».
Tutto comincia alle 11.47 quando il ministero della Difesa, dal suo account ufficiale, twitta: «4 maggio pescherecci italiani nel mirino delle motovedette libiche salvati dalla Marina Militare. Il ministro Elisabetta Trenta si complimenta: grazie al coraggio e alla professionalità si è evitato il peggio». Dopo pochi minuti, però il tweet (che tra i primi like riceve anche quello della Marina militare) viene rimosso. La circostanza non sfugge alla ong «Mediterranea saving humans», che posta uno screenshot del messaggio twitter pubblicato e poi eliminato, con un commento in cui si chiede: «Che cosa sta succedendo? Milizie pagate da Italia e UE catturano migranti e terrorizzano i nostri pescatori?». A questo punto è di nuovo il ministero della Difesa a precisare, rispondendo su twitter, che quanto riportato dalla stampa «circa un salvataggio della Marina di alcuni pescherecci nei pressi delle acque libiche è falso. Appresa la notizia abbiamo provveduto a rimuovere il tweet precedente».
Passa poco e arriva l’attacco frontale del Viminale. «Anziché chiedere alla 'sua' Marina Militare, il ministro Elisabetta Trenta - affermano fonti del ministero - si basa sulle agenzie di stampa e poi è costretta a rettificare. Non è informata e non approfondisce: preferisce polemizzare col ministro Matteo Salvini e criticare servitori dello Stato come il generale Riccò (l'ufficiale che per protesta ha abbandonato la manifestazione Anpi a Viterbo del 25 aprile - ndr). Il ministro della Difesa faccia il ministro della Difesa. Le Forze Armate italiane meritano molto di più».
La replica della Difesa arriva a strettissimo giro e non è meno dura. «Non ci era mai capitato prima di vedere un ministero, l’istituzione, usata a fini elettorali. In questo caso per attaccare il ministro Trenta. Non c'è molto da commentare, basta avere uno spirito democratico per comprendere la gravità dell’episodio. Dispiace che il Viminale, il cui titolare è Matteo Salvini, piuttosto che occuparsi della sicurezza del Paese, pensi a un tweet. Dispiace per l’Italia».
A far quadrato sulla titolare della Difesa arriva tutto l'M5s, con un post sul Blog delle stelle che ripete le stesse argomentazioni della Difesa e aggiunge: «Possiamo comprendere il vivace confronto tra parti politiche, tra ministri, ma oggi si è superata una linea rossa. La Trenta non si tocca. Pensate a lavorare».
«Oggi - si legge sul blog - il ministero della Difesa ha rettificato un tweet errato. Una sciocchezza nell’ordinario quotidiano. E cosa è accaduto? È accaduto che il Viminale ha attaccato senza alcun motivo la ministra. Non c'è molto da commentare, basta avere uno spirito democratico per comprendere la gravità dell’episodio. Usare una istituzione per muovere un attacco a fini elettorali era qualcosa a cui non eravamo abituati. Con i fatti di Napoli e prima ancora di Torino, Roma e San Donato milanese, non capiamo dove il Viminale trovi il tempo per occuparsi di un tweet. Forse farebbe meglio ad occuparsi della sicurezza del Paese».
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