Una sfilza di precedenti penali di uno «stretto familiare» di Ramy, il tredicenne «eroe» di san Donato Milanese, sarebbero l’ostacolo all’ottenimento della cittadinanza: che, a questo punto, potrebbe essere concessa a lui, ma non al suo nucleo familiare. È l’ultimo sviluppo della querelle che - a quasi una settimana dal fallito attacco al bus grazie all’allarme dato dal ragazzino - contrappone i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi di Maio, che sulla decisione di concedere al giovane egiziano la cittadinanza hanno deciso di giocare un round della partita politica in vista delle Europee.
«Voglio diventare italiano, sono nato qua. Volevo vedere cosa sarebbe successo a Salvini se tutti fossero morti. Tutti sarebbero andati contro di lui. Se tutti lo ringraziano è grazie a me», dice Ramy, che non ci sta a passare da eroe a capro espiatorio dell’ennesima prova di forza tra le due anime del governo.
Di Maio ha ribadito la sua posizione: «sulla cittadinanza a Ramy per meriti speciali confido in una rapida risoluzione», scrive su Facebook. «Come sapete nei giorni scorsi ho scritto anche ai ministeri competenti per fare in modo che la sua pratica arrivi presto al Consiglio dei Ministri. Mi aspetto che accada. Anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è d’accordo. Non stiamo a girarci troppo intorno. Diamo la cittadinanza a quel bambino».
Salvini, chiudendo nuovamente ogni porta a qualsiasi discussione sullo Ius Soli ("cambiare la legge non è nell’agenda del governo"), in un primo momento rilascia dichiarazioni interlocutorie in cui parla di «approfondimenti in corso» e precisa che «nelle prossime ore» non è previsto un suo incontro con il ragazzo.
Poi, in serata, diventa più esplicito. «Stiamo facendo tutti gli approfondimenti del caso. Purtroppo ad ora non ci sono gli elementi per concedere la cittadinanza. Le cittadinanze non le posso regalare e per darle ho bisogno di fedine penali pulite. Non parlo dei ragazzini di 13 anni, ma se qualcuno la cittadinanza non l’ha chiesta e non l’ha ottenuta dopo 20 anni - ha aggiunto, rivolgendosi ai giornalisti - fatevi una domanda e datevi una risposta sul perché».
Salvini non lo dice, ma il suo riferimento è a uno stretto parente del ragazzino che ha avuto più di un problema con la giustizia. La circostanza starebbe orientando il Viminale ad attribuire la cittadinanza solo a Ramy e non al resto dei familiari, un percorso che di fatto non avrebbe precedenti (se non quello, che poi non si concretizzò, del bambino inglese Charlie Gard, affetto da una malattia incurabile) ma che difficilmente verrebbe ostacolata.
«Conto di incontrare Ramy il prima possibile e di fare quello che la legge mi permette di fare e non faccio quello che la legge non mi permette di fare», ha detto Salvini. Il tredicenne, però, non si stanca di rinnovare la sua richiesta.
«Salvini all’inizio ha detto sì, poi no - ribadisce - Di Maio vuole darmela, quindi mi fido Di Maio. E vorrei che anche gli altri la ottenessero, ma non sono io a decidere». E intanto proprio gli amici e i compagni di classe oggi hanno incontrato nella loro scuola a Crema, assieme a professori, dirigenti scolastici e al sindaco, i carabinieri che li hanno salvati.
«Noi siamo addestrati a fronteggiare situazioni di rischio - ha detto il comandante provinciale di Milano Luca De Marchis -. È il nostro lavoro. Per voi si è trattato invece di una situazione eccezionale che avete affrontato nel modo migliore. Siete stati straordinari».
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