Nessuna tolleranza per chi diffonde on line foto o video a contenuto sessuale senza il consenso della persona protagonista. E' quanto stabilisce il ddl ad hoc incardinato dal Senato per punire severamente chi ricatta, minaccia, o pensa di vendicarsi dando in pasto ai media immagini intime. Pena la galera.
Ad accelerare una risposta legislativa sul «revenge porn» - vendetta pornografica - sono state, senza dubbio, le foto intime della deputata grillina Giulia Sarti circolate on line. Il provvedimento, però, arriva da lontano e dà finalmente risposta a tante tragiche vicende.
Non ultima quella di Tiziana Cantone, che si è tolta la vita il 13 settembre 2016 dopo che un suo video hard era diventato virale in rete. Oggi però è sul caso Sarti che la politica fa sentire la sua voce. «Quello che sta succedendo è uno schifo», commenta il ministro Di Maio che trova «assurdo che trasmissioni di reti nazionali commentino foto personali della deputata, di cui non ce ne frega niente».
Mentre per Salvini si tratta di una «vicenda disgustosa» e «molto grave» e aggiunge «è nostro dovere proteggere la libertà e la privacy di Giulia Sarti e delle altre persone, spesso giovani, che subiscono e/o hanno subito lo stesso vergognoso trattamento».
La Polizia Postale assicura di non aver «rilevato la presenza in rete di nuove foto e video» e informa che «le immagini si stanno diffondendo attraverso le applicazioni di messaggeria». Il garante della privacy Antonello Soro e la deputata azzurra Mara Carfagna, augurano che l’Italia riconosca il revenge porn come una fattispecie di reato».
Il primo passo è stato fatto appunto dalla commissione Giustizia del Senato che ha avviato questa mattina l’iter del
ddl del Movimento 5 Stelle, a prima firma della senatrice Elvira Evangelista, che introduce l’articolo 612-ter del codice penale. Il leghista Andrea Ostellari, che oltre a essere relatore è anche presidente della commissione, ha disposto un ciclo di audizioni e assicura che il ddl «incontra già una vasta condivisione trasversale».
La nuova norma prevede da tre mesi a sei anni di carcere per chi pubblica on line immagini o video privati a sfondo sessuale. Se il persecutore è coniuge o legato alla vittima viene considerato un aggravante «che prevede la reclusione da uno a quattro anni». Multa, da 75 a 250, euro anche per chi contribuisce alla diffusione dei video.
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