«Il mio diario della crisi? Sapevo dall’inizio come sarebbe andata a finire» e cioè: «bene», dice il vicepremier Matteo Salvini, in un colloquio con il Messaggero. «Conoscevo, e ne ho avuto conferma, la lealtà, la coerenza e la capacità di Di Maio. Se uno tiene duro sulle proprie convinzioni, ma senza impuntarsi ideologicamente, le diversità si superano e si trova un compromesso. Sulla Tav questo è stato». «La Tav andrà avanti - è sicuro il leader leghista -, i bandi partono, ma non c'è soltanto la Tav, di cui comunque discuteremo, sulle modifiche e sulla revisione dei finanziamenti con la Francia e con la Ue, ma ci sono altri 300 cantieri da sbloccare». Salvini assicura che sarà approvato in Consiglio dei ministri un decreto urgente. «Dobbiamo portare l’alta velocità in tutto il Mezzogiorno, fino alla Sicilia - elenca -. E realizzare la Pedemontana, fare il Terzo valico, ingrandire l'aeroporto di Firenze e via così. A questo si aggiunge la riforma del codice degli appalti. Troppe lungaggini burocratiche inchiodano il Paese a tutto svantaggio dell’economia, del turismo, della libertà di movimento delle persone. Il nostro Paese ha bisogno di gente che costruisca e non che demolisca». Salvini smentisce poi la «caricatura mediatica di un governo che sa soltanto litigare, e ogni istante è sull'orlo della crisi, fa ridere». E conclude: «Di Maio mai, e neanche per sogno, ha barattato la questione della Tav con il voto sulla Diciotti che ci sarà il 20 marzo in Senato. Ero tranquillo prima e sono tranquillo adesso su quel voto».