«Cosa stia succedendo è chiaro: non è che ci sia da aprire una crisi, la crisi è già aperta». Il sottosegretario alla presidenza, Stefano Buffagni, parla chiaro, fotografando drammaticamente gli effetti dello scontro frontale tra M5s e Lega sul tema della Tav. Ma Matteo Salvini frena, aprendo di fatto una sorta di gioco del cerino: «Nessuna crisi di governo e nessuna nostalgia del passato, lavoriamo per unire e per dare lavoro, sviluppo e futuro all’Italia. Col buonsenso - promette - si risolve tutto». Subito dopo anche Luigi Di Maio, prende atto ma tiene il punto: «Il governo e la sua tenuta sono una cosa seria, stiamo parlando del Paese. Io voglio solo che si rispetti il contratto e non si faccia cadere il governo, questo è buon senso: pensare che c'è ancora molto da fare». Nel mezzo, il premier Giuseppe Conte che prende tempo. «Sui bandi presto saprete», commenta. E annuncia che da lunedì farà un giro dei cantieri «per controllare e verificare», seguendo quello che definisce «un approccio pragmatico e operativo». Insomma, uno stop and go continuo, in un clima di altissima tensione, in vista di un week end che potrebbe registrare un accordo in extremis o la rottura definitiva. Ma per oggi regna il caos: a metà pomeriggio, Buffagni è il primo, tra i 5S, a pronunciare la parola fatidica anticipata da giorni nei retroscena dei giornali ma ancora formalmente negata dai protagonisti. Lo fa poche ore dopo l’intervento del vicepremier Luigi Di Maio che alza ancora di più i toni, confermando la sua linea dura nel corso di una conferenza stampa convocata a sorpresa a Palazzo Chigi, nella stessa sala stampa dove il premier Giuseppe Conte, ventiquattro ore prima aveva bocciato a chiare lettere il progetto. I toni del vicepremier sembrano concilianti, ma le sue parole sono definitive e non lasciano spazio ad alcun dubbio sulla estrema gravità del momento: «Quando su tre, due la pensano in un modo, io e Conte, poi non decide solo uno, altrimenti avremo problemi in futuro», avverte il capo politico pentastellato. Di Maio chiarisce che anche l’ipotesi di avviare i bandi e poi prendere tempo non è la soluzione per un eventuale compromesso: «E' chiaro ed evidente che se stai per ridiscutere un’opera non puoi vincolare i soldi degli italiani. Prima ridiscuti l’opera - chiarisce Di Maio - e poi vincoli soldi». Quindi manda un messaggio esplicito a Salvini e alla Lega: "Serve serietà. Cosa sarebbe successo se avessi messo in discussione la legittima difesa e altri provvedimenti in quota Lega? Vi sareste arrabbiati, per questo c'è disappunto tra di noi. Non si rischia il governo venendo meno agli impegni del Contratto". Il ministro per lo sviluppo lascia comunque un piccolissimo spiraglio al dialogo, parlando dei prossimi due giorni come un «week end di lavoro». I duellanti, lui e Matteo Salvini, domenica sono ambedue a Milano. E chissà che sia quello il luogo e il giorno per un chiarimento dell’ultimo minuto. Nel frattempo, lunedì, il giorno in cui è convocata la riunione del Cda di Telt si avvicina. Francesco Balocco, Assessore ai trasporti della Regione Piemonte e osservatore del Cda di Telt, ammette che senza il via libero italiano ai bandi esiste il timore di sanzioni. Torna in campo anche il movimento Si-Tav a Torino, lo stesso che portò in piazza il 10 novembre scorso 30mila persone a difesa dell’attuazione del progetto. Le animatrici di quel movimento, le cosiddette 'madamin', annunciano per domani un nuovo flash mob, questa volta davanti a Palazzo Carignano, sede del Parlamento subalpino da cui Cavour fece partire il progetto per il tunnel del Frejus. «Siamo pronte, vista la situazione di stallo, a fare sentire la voce dei cittadini che dicono sì alla Tav subito», spiegano le signore. Quello di domani, assicurano, è solo "un assaggio": in programma c'è già una nuova grande manifestazione il 17 marzo, in piazza Castello.