Un "pacco bomba", di prima mattina, arriva nel quartier generale del M5S. E' il cambio a 360° della posizione di Matteo Salvini sul voto all'autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Un cambio che rivoluziona la strategia messa in campo da Luigi Di Maio fino a qualche ora prima. Il Movimento vacilla, fatica per ore a trovare una posizione comune. I dubbi su uno dei capisaldi della narrazione grillina ("basta immunità") emergono in tanti esponenti in ossequio alla più classica "realpolitik". Ma al termine della giornata, è la linea del "sì" a prevalere, e non solo in onore dell'ortodossia.
"Non possiamo perdere la faccia, se votiamo "no" all'autorizzazione arriviamo al 20%", è il mantra che emerge dalla maggioranza del gruppo M5S. Il ripensamento di Salvini, si ragiona in Transatlantico, potrebbe avere due ragioni. La prima, giudiziaria: con il sì all'autorizzazione il vicepremier correrebbe il serio rischio di incorrere nella Severino. La seconda, ragionano alcuni pentastellati, elettorale: costringere il M5S ad un'alternativa "lose-lose". Una scelta che, per Di Maio, si presenta tra un voto (il "no" all'autorizzazione") fedele all'alleato ma con effetti devastanti nella base e nei gruppi parlamentari e un voto (il sì) fedele ai principi del Movimento ma con il rischio di portare sul baratro il governo.
Ed è quest'ultima versione, col passare delle ore, a prevalere nei pentastellati. Con una conditio sine qua non: il "paracadute" del premier Giuseppe Conte, pronto ad assumersi, da presidente del Consiglio dei ministri, le responsabilità delle decisioni sulla Diciotti e forse anche a inviare - ma fonti di governo su questo punto non si sbilanciano osservando come possa anche non servire - anche un atto formale al Tribunale dei ministri. Un vertice notturno servirà a chiarire i termini di un'intesa che è soprattutto politica, e a fare il punto su un caso che rischia di essere un "bis" della Diciotti: il dossier Sea Watch. Sul voto in Giunta, invece, tocca a Di Maio ricompattare un Movimento che rischia di spaccarsi nuovamente. Perché una parte dei parlamentari, al di là dell'opportunità politica, è davvero convinto che quello di Salvini non sia un caso che rientri nelle fattispecie in cui dire sì all'autorizzazione.
"È stata una decisione chiaramente politica, sarebbe un voto anche contro la nostra decisione", spiega un parlamentare. Eppure, nel pomeriggio, Di Battista certifica la prevalenza del sì, al centro anche di un forte pressing dell'ala ortodossa. Non a caso nel pomeriggio è Luigi Gallo, tra gli esponenti più vicini a Roberto Fico, a mettere in chiaro che "la legge è uguale per tutti è che il M5S è contro la casta". Ma, con il rischio di capitolare sulla Tav, è soprattutto il ragionamento elettorale a prevalere. "Noi dobbiamo essere leali ai nostri principi, poi sarà Salvini a giustificare che ha fatto cadere il governo per questo", spiega un deputato. E, con le Europee alle porte, "sedersi" nuovamente sulla Lega potrebbe essere fatale
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