Manovra, Mattarella difende Bankitalia e l'ufficio parlamentare di Bilancio: "Io garante del sistema"
Fermare gli attacchi scomposti a Bankitalia. Ma non solo: deve essere ripristinato l’equilibrio tra i poteri, ciascuno dei quali deve rispettare gli altri. Piove dal Quirinale, attraverso una mini-lezione costituzionale destinata agli studenti delle medie, un richiamo all’abc della democrazia. E cade secco sulla politica, con tempismo assolutamente non rituale in giorni di violenti attacchi della maggioranza a istituzioni indipendenti che vanno da Bankitalia all’anticorruzione, fino all’ufficio parlamentare di Bilancio (UpB). Una spigolosa precisazione «urbi et orbi» quella del presidente ma che sembra avere due indirizzi principali: quelli di Matteo Salvini e Luigi Di Maio che hanno letto le critiche della Banca centrale alla manovra come fossero un’interferenza alla volontà del popolo. I due vicepremier scelgono la linea del silenzio e solo Salvini si lascia sfuggire un: «bellissime parole». Silenzio dai Cinque stelle e silenzio dal resto della Lega. E poche eloquenti parole anche da quel Paolo Savona che Mattarella non volle all’Economia: «meno parlo meglio è», scandisce uscendo dalla Camera dove di fatto ha sostituito Tria nel dibattito sul Def. Sergio Mattarella, come è suo costume, non interviene mai a caldo: medita e riflette prima di intervenire. E così è stato anche oggi. Ma nelle pieghe delle sue parole si percepisce indignazione mista a preoccupazione. «Nella nostra Costituzione c'è un sistema complesso di pesi e contrappesi. Perché? Perché la storia insegna che l’esercizio del potere può provocare il rischio di far inebriare, di perderne il senso del servizio e di fare invece acquisire il senso del dominio nell’esercizio del potere», ragiona con gli studenti ripescando nel recente passato quanto non vorrebbe vedere nel presente. Ma fin qui forse si tratta solo di un inconscio timore verso forme di autoritarismo che la sua generazione ha forzosamente impiantato nella coscienza profonda. Ben più chiaro è Mattarella quando nel suo discorso va dove vuole andare: la Costituzione "conta molto sull'autodisciplina e l’autocontrollo, ma ha messo in campo una serie di meccanismi di articolazione del potere che garantiscono quell'obiettivo. Questo consente anche al Presidente della Repubblica di svolgere la funzione di garante del buon funzionamento del sistema in maniera adeguata». Premessa non scontata quando si è costretti a ricordare quanto nessuno dovrebbe dimenticare: «la nostra Costituzione ha creato un sistema in cui nessuno, da solo, può avere troppo potere. C'è un sistema che si articola nella divisione dei poteri, nella previsione di autorità indipendenti, autorità che non sono dipendenti dagli organi politici ma che, dovendo governare aspetti tecnici, li governano prescindendo dalle scelte politiche, a garanzia di tutti». Mai far passare il concetto che in democrazia ci sia un solo potere. Si scorge tanto in questo passaggio di quanto Lega e Cinque stelle hanno detto e fatto in queste settimane. Facile pensare alla guerra di parole dichiarata all’Unione europea (anch’essa istituzione «indipendente», si ricorda). Al florilegio di accuse abbattutosi sulle teste dei «tecnici» dei ministeri o degli "eurocrati-burocrati» di Bruxelles. Fino al pensiero, probabilmente considerato primordiale lassù, che Bankitalia non possa parlare con numeri che contestano la manovra perchè organo non eletto. Quasi che l’unica autorità dello Stato sia il governo del popolo. Ecco quindi la «democrazia vera», «i pesi e i contrappesi» che Mattarella ricorda e richiama. Il presidente della Repubblica, si spiega, traccia una linea che non si deve passare e conferma che lui è il garante di una Costituzione che abbina «rigidità e flessibilità». Difficilmente modificabile proprio perchè nata dalle ceneri del fascismo e della guerra. Elastica per «abbracciare e regolare anche condizioni allora non prevedibili». «Pesi e contrappesi» dei quali il principale resta il Quirinale.