Stretto tra il doppio fuoco delle indagini di Genova sui fondi della Lega e dall’arrivo dell’avviso di garanzia con l’accusa di sequestro di persona per la vicenda di nave Diciotti, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini sceglie la strada dello scontro frontale con la magistratura, e lo fa sul suo terreno preferito, in diretta facebook, dopo aver letto l’atto della Procura di Palermo ricevuto dalle mani dei carabinieri al Viminale.
Ma il vicepremier Luigi Di Maio, pur rivendicando le decisioni «forti» prese sulla nave Diciotti, interviene duramente: «Non si può dare sostegno alle accuse ai magistrati». Tanto è in crescendo l’esternazione di Salvini contro i giudici che il ministro grillino della giustizia, Alfonso Bonafede, dopo aver a lungo taciuto, a fine giornata rompe gli indugi e chiede all’alleato di governo di non tornare agli anni della Seconda Repubblica. Lo stesso fanno anche il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e l’Anm.
«Qui c'è la certificazione che un organo dello Stato - ha detto Salvini via web - indaga un altro organo dello Stato, con la piccolissima differenza che questo organo dello Stato, pieno di difetti e di limiti, per carità, è stato eletto, altri non sono eletti da nessuno». «Questo ministro - ha aggiunto, rivolto a 25mila followers e quasi sfidando le 'toghè - è stato eletto da voi, cioè a questo ministro voi avete chiesto di controllare i confini, di controllare i porti, di limitare gli sbarchi, di espellere i clandestini: me lo avete chiesto voi, quindi vi ritengo amici e complici, altri non sono eletti da nessuno e non devono rispondere a nessuno». L’aria che tirava si era già vista dal mattino con il ministro leghista che in un’intervista aveva detto che «quello che sta subendo la Lega - con riferimento al via libera al sequestro di 49 milioni al Carroccio - è un processo politico senza precedenti. Anzi, sì, uno c'è: è successo qualcosa del genere in Turchia, quando a un partito fu sequestrato tutto il patrimonio prima ancora della condanna e poi la magistratura fu costretta a restituirglielo». Per il titolare del Viminale, le inchieste sulla Lega e su di lui rendono evidente che «qualcuno» vuole «fermare Salvini, la Lega e la voglia di cambiamento del popolo italiano. Non ci fermeranno».
Inevitabile la reazione dei dem, e anche dell’Associazione nazionale magistrati che ha evitato risposte di 'pancià e ha molto calibrato la sua 'replicà, dopo che Md, la corrente di sinistra dei giudici, aveva definito le parole del ministro "eversive». Un concetto ripreso anche dal segretario del Pd Maurizio Martina: «Le parole che il ministro dell’Interno continua a usare verso la magistratura sono gravissime ed eversive e sono contro lo Stato e la Costituzione. Nonostante la sua smania di potere si ricordi che nessuno, nemmeno lui, è al di sopra della Legge». «Vergogna! - scrive su Fb l’ex premier dem Matteo Renzi - Salvini è dentro fino al collo alla vicenda dei 49 milioni rubati dalla Lega. E pur di non parlarne porta lo scontro istituzionale al massimo livello. Quanto dovremo aspettare per avere dichiarazioni di sdegno del Premier e del Guardasigilli?».
Da Ceglie Messapica, dove si trova per la kermesse per i primi cento giorni da premier di Giuseppe Conte, Bonafede prende le distanze. «Il ministro può ritenere che un magistrato sbagli ma rievocare toghe di destra e di sinistra - ha dichiarato - è fuori dal tempo. Non credo che Salvini abbia nostalgia di quando la Lega governava con Berlusconi. Chi sta scrivendo il cambiamento non può pensare di far ritornare l’Italia nella Seconda Repubblica». Rompe gli indugi anche il sindacato delle toghe per dire che le parole di Salvini «rappresentano un chiaro stravolgimento dei principi costituzionali, che assegnano alla magistratura il compito e il dovere di svolgere indagini ed accertamenti nei confronti di tutti». Alla fine, «forte preoccupazione» per il contenuto delle dichiarazioni di Salvini, viene espressa dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. «Si tratta di espressioni che, anche per le modalità con le quali sono state rese, risultano lesive del prestigio e dell’indipendenza dell’ordine giudiziario», sottolinea Legnini ricordando che la magistratura poggia sulla Costituzione e «non ha certo bisogno di trarre la sua legittimazione dal voto dei cittadini».
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