No all'elezione diretta di presidente, giunta e consiglio delle Province. La Corte costituzionale ha infatti bocciato la norma votata dall'Assemblea regionale lo scorso agosto, accogliendo il ricorso dello Stato. La legge approvata con una maggioranza trasversale, era stata impugnata dal governo Gentiloni. Per la consulta la legge regionale si discostava dal concetto di semplificazione avviato dalla legge Delrio. La bocciatura della Corte costituzionale ripristina dunque l'elezione di secondo grado tra sindaci e consiglieri comunali senza alcun compenso aggiuntivo. Ci vorrà una nuova legge regionale per le elezioni di secondo livello dei presidenti dei liberi Consorzi comunali e del consiglio provinciale dopo l'annullamento da parte della Corte Costituzionale della legge regionale 17 dell’agosto dello scorso anno che prevedeva l'elezione diretta di presidente e consiglieri nelle ex province. L’Assemblea Regionale Siciliana è chiamata a legiferare di nuovo per adeguare l’ordinamento dei liberi Consorzi alla legge statale Delrio e potrebbe prevede una nuova 'finestrà elettorale. Finora quella prevista era tra il 15 ottobre e il 15 dicembre. Qualora il parlamento siciliano non dovesse legiferare tempestivamente i tempi delle elezioni di secondo livello si allungherebbero così come la gestione commissariale di questi Enti che sono amministrati da 6 anni da commissari straordinari la cui scadenza è prevista per il 30 settembre. "Sono sorpreso dalla decisione della Consulta, in un momento in cui la gente si allontana dalle istituzioni, l'elezione diretta rappresenta un primo coinvolgimento del cittadino elettore", commenta amareggiato il presidente della Regione Nello Musumeci. "Andremo a votare presto, anche se con questo metodo irragionevole, riunirò al giunta per capire quale sia la data migliore e se serve modificare la norma vigente. Si voterà senza i cittadini, sembra strano, ma una guida bisogna pur darla alle nuove Province". «La sentenza della Corte costituzionale - al di là del marginale aspetto delle Province - suona ad offesa della dignità del popolo siciliano e della sua plurisecolare vocazione autonomistica». Aggiunge poi Musumeci. «L'avere di fatto cancellato, con un colpo di spugna, l'articolo 15 del nostro Statuto che riserva alla legislazione esclusiva della Regione la materia di organizzazione e controllo degli enti locali denuncia - prosegue - il malcelato e progressivo tentativo romano di smantellare l’Istituto autonomistico. Con questa sentenza assai discutibile si espropria ai cittadini elettori il diritto sacrosanto di scegliere chi dovrà governare le ex Province, peraltro già da cinque anni condannate alla paralisi, con l’evidente stato di abbandono della viabilità, dell’edilizia scolastica e dei servizi essenziali». «A questo punto noi siciliani siamo chiamati a prendere una decisione non più rinviabile: o rinunciamo definitivamente alla nostra Autonomia, accettando il cinismo dello Stato accentratore, o ricorriamo alla magistratura sovranazionale nell’ultimo tentativo di difendere la nostra stessa identità. - prosegue - Per questo, ho concordato col presidente del Parlamento siciliano la convocazione di un’apposita seduta d’Aula per raccogliere la condivisione di tutti i deputati». Sul caso interviene anche il deputato regionale del Pd Antonello Cracolici: "La Corte Costituzionale ha finalmente fatto chiarezza: sulle ex-Province sono stati gettati al vento tre anni quando si sapeva fin dall’inizio che avremmo dovuto applicare la legge nazionale. In tutto questo tempo il centrodestra si è scatenato, alimentando illusioni sul ritorno alla ‘vecchia elezione diretta’ che avrebbe chiamato al voto i cittadini, quando invece sapevano perfettamente che al 99% questa norma sarebbe stata dichiarata incostituzionale”. E aggiunge: “Il centrodestra, ed in particolare il presidente Musumeci, ha utilizzato la prospettiva del ritorno al voto diretto per le ex-Province come ‘esca’ per il proprio ceto politico e per i propri candidati alle ultime elezioni regionali e nazionali. Adesso è il momento di porre fine a questo ‘annacamento’, bisogna dare certezze ai Liberi Consorzi ed alle Città Metropolitane approvando al più presto una legge regionale che introduca l’elezione dei vertici delle ex-Province quali organi di secondo livello, così come previsto dalla legge Delrio”. "Oggi la Corte costituzionale dà pienamente ragione ai sindaci, con una sentenza durissima; ma le città metropolitane siciliane hanno perduto un anno", commenta il presidente del Consiglio nazionale dell'Anci Enzo Bianco, già sindaco metropolitano di Catania, commentando la bocciatura da parte della Corte costituzionale. "Un anno fa l'Assemblea Regionale Siciliana - ricorda Bianco - varava un'orribile legge sulle Città metropolitane che sembrava fatta apposta per non farle funzionare in Sicilia, in odio ai sindaci delle Città metropolitane. Avevo sostenuto subito la palese illegittimità costituzionale di quella legge regionale varata con un colpo di mano. Avevo chiesto in Conferenza Unificata ed in Conferenza Stato Città al governo di impugnarla davanti alla Corte Costituzionale - aggiunge -. Avevo presentato e vinto un ricorso al Tar di Palermo". Si tratta per Bianco di "un brutto uso della specialità dello Statuto che fa quasi rimpiangere l'autonomia ordinaria!". Da qui la richiesta: "Ora si fissino subito le elezioni indirette per costituire gli organi e si lavori con rapidità per recuperare il tempo perduto". Tutto questo mentre "quei deputati regionali che votarono quelle norme in odio ai sindaci, si dovrebbero passare una mano sulla coscienza. Avevamo ragione noi!", conclude il presidente del Consiglio nazionale dell'Anci.