Stavolta le elezioni comunali sono sulla strada di un governo già fatto e non di uno da farsi. Dopo la prova regionale in Molise e Friuli Venezia Giulia durante le trattative, a fine aprile, e in Val D'Aosta a maggio, arrivano domenica le comunali da Nord a Sud. Un primo test di gradimento per l'esecutivo di Giuseppe Conte e soprattutto sui rapporti di forza tra M5S e Lega che lo sostengono e tra i due vicepremier e capi politici, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Se a Campobasso e Udine il leader del Carroccio voleva mostrare a Silvio Berlusconi una predominanza nel centrodestra e arginare i 5 stelle, ora l'obiettivo è confermare la plausibilità di sondaggi che lo danno al 27%, vicino al M5S. Per Di Maio, invece, la necessità di non perdere il "grip", la presa da 11 milioni di voti sul Paese, dopo la strategia dei due forni per il governo, la rinuncia alla premiership e l'ottovolante sull'impeachment al presidente Sergio Mattarella. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo vede il suo Movimento cimentarsi con elezioni che diventano la spia del suo stato di salute, mentre il collega degli Interni gli contende la leadership reale nel governo. A dispetto di una pattuglia parlamentare che è circa metà della sua: visto il 17% della Lega contro il 32% M5S. I due "ragazzi", come molta gente ha preso a chiamarli, (nonostante Di Maio abbia quasi 32 anni e Salvini 45) si sono in realtà tuffati in campagna elettorale appena nato l'esecutivo. Subito dopo il giuramento sono scesi entrambi in Sicilia a promettere tagli ai vitalizi e sussidi, l'uno; il pugno duro con i migranti l'altro, l'altro. Le loro mosse di queste ore sembrano sempre al confine tra atti ministeriali e propaganda elettorale. Una sorta di verifica di inizio mandato tra Ilva e Iva, Flat Tax e politica dell'immigrazione. Con il paradosso di essere alleati, o meglio contraenti in Parlamento e avversari sul territorio, dove invece la Lega si presenta assieme a Forza Italia. Il capo di M5S cerca di togliersi di dosso il sospetto di essere debole e ondivago dicendo sull'Ilva di Taranto "decido io, quelle di Grillo sono opinioni personali". Il leader leghista invece punta non solo ai voti di Fi, ma oramai anche a quelli del movimento. Contrastato sui migranti dal presidente della Camera Roberto Fico, ortodosso M5S, che schiera idealmente lo Stato con le Ong, di nuovo definite "taxi del mare" e "affariste" da Salvini: leader della Lega che parla alle città, quelle che alla fine ospitano i migranti e che domenica votano. Quasi 7 milioni di italiani alle urne, al netto delle situazioni locali e dello sforzo del Pd di mantenere qualche roccaforte, daranno un primo responso sulla popolarità dei due vicepremier. Protagonisti della formula politica giallo-verde, che tra due giorni si misurerà per la prima volta con gli italiani.