La Lega blinda Paolo Savona al Tesoro ed è muro contro muro con il Colle. Una situazione molto delicata che mette il Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, stretto - si ragiona in ambienti parlamentari - nella morsa tra i partiti della sua maggioranza e il Presidente della Repubblica. Quando già si diffondevano i rumors sul calendario dell’eventuale giuramento, lo strappo sul titolare all’Economia provoca un’inevitabile allungamento dei tempi e anche ipotesi di una clamorosa rottura. Neanche un lungo faccia a faccia informale tra Giuseppe Conte e il capo dello Stato, oltre un’ora e mezza di colloquio al Quirinale, pare abbia sciolto la tensione. Da un lato il Colle sembra che abbia confermato con decisione le sue riserve su Savona, dall’altro Matteo Salvini che specularmente non cede di un centimetro, con il sostegno dei 5 stelle. «La Lega - fanno sapere fonti del Carroccio - ha preso precisi impegni con gli italiani su tasse, Europa, giustizia, pensioni,non prendiamo in giro nessuno. Non andiamo a Bruxelles con il cappello in mano». Un modo per ribadire il concetto che Salvini ripete da giorni come un mantra: o questo governo cambia le cose o meglio andare al voto. E dire che Giuseppe Conte ce la sta mettendo tutta per concludere positivamente il suo incarico: di prima mattina si è recato a Palazzo Koch per un lungo faccia a faccia, oltre un’ora e mezza, con il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Non è la prima volta che un premier incaricato fa visita al governatore: nel febbraio 2014, Matteo Renzi fece lo stesso. Ma stavolta questo incontro assume un valore molto particolare: l'uomo incaricato di fare il governo è stato accolto dai mercati con una doccia fredda, facendo evocare gli spettri di un "contagio» da parte della Bce nel cui consiglio siede lo stesso Visco e presieduta dall’ex governatore a Via Nazionale Mario Draghi. E perché le banche, la stabilità finanziaria, il dialogo con Bruxelles stanno molto a cuore a Visco. Quindi Conte giunge alla Camera per un vertice a mezzogiorno con Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Entrando nel portone di Montecitorio, ai cronisti che gli chiedono se entro la giornata sarà pronto a portare la lista al Colle risponde con un vago «vedremo». La riunione nella sala del governo dura poco più di un’ora. Nel frattempo, Paolo Savona ammette candidamente di essere convinto che ci siano dei veti sulla sua persona. Lasciando il vertice il capo politico dei Cinque Stelle cerca di smorzare la tensione facendo buon viso a cattiva sorte. "L'incontro - osserva Luigi Di Maio - è andato molto bene. E' come se avessimo lavorato sempre insieme, c'è una totale sinergia e sintonia e stiamo lavorando con abbastanza velocità per assicurare il governo del cambiamento». Dribbla ogni domanda su Paolo Savona: «Non voglio parlare di nomi. Di questo - commenta sintetico - ne devono parlare il presidente della Repubblica e Conte». Decisamente laconico Matteo Salvini, dall’umore nero, che sul Tesoro si limita a dire che «sarà il presidente incaricato a fare le sue valutazioni». Poi vola a Milano, domani sarà presente a un saggio della figlia. E’ il segnale che per lui il tempo della trattativa a Roma è ormai scaduto, la parola tocca ora al Capo dello Stato. Quindi ribadisce la sua netta determinazione a spingere su Savona sino alla fine, a ogni costo: se non ci sarà lui nella compagine di governo - informano fonti a lui vicine - non ci sarà nemmeno il governo stesso. In serata, su Facebook conferma la sua grande irritazione con una frase secca inequivocabile: «sono molto arrabbiato». In questo clima di tempesta, si inseriscono le parole di apertura del Presidente francese Emmanuel Macron che tende la mano al nuovo governo: L’Italia - sottolineato a San Pietroburgo - è un membro importante dell’Ue e un alleato eminente. Vedremo cosa sceglierà l'Italia, ho rispetto per questo grande Paese che è sempre stato al nostro fianco».