Il giorno decisivo. La domenica che potrebbe chiudere la partita più complessa, quella della premiership. Luigi Di Maio e Matteo Salvini prima di pranzo si sono incontrati a Roma in un ultimo faccia a faccia.
Con il passare delle ore il suo profilo prende forma e si allarga la strada della figura tecnica di area M5S. Ma i giochi non sono ancora chiusi. Sullo sfondo resta infatti valida l'opzione politica, a partire da quella del leader del Movimento: il suo passo indietro, al di là delle dichiarazioni in tal senso, non è ancora del tutto scontato. Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, sarebbero in pole nel caso il M5S optasse per una figura politica.
Ma gli indizi portano ad altro, a quel "professionista incontestabile che ha contribuito alla stesura del programma" di cui parla Salvini da Milano. Lorenzo Fontana poco dopo, fornisce un un ulteriore elemento: il premier sarà un uomo e non è detto che sia tra le persone sedute ai tavoli tecnici M5S-Lega.
E allora ecco balzare in pole i nomi di Giuseppe Conte e Andrea Roventini, in una sorta di sfida tra un giurista e un economista. Fuori dai giochi, invece, sembrerebbe l'altro economista del M5S Lorenzo Fioramonti visto che fonti leghiste, in serata, spiegano come il futuro premier non sarà scelto tra i parlamentari. Certo, sono molti altri i "prof" con cui il M5S si è in qualche modo incrociato negli anni, da Domenico De Masi a Leonardo Becchetti, fino a Alfonso Celotto. Ma sono tutti profili che, rispetto a Conte e Roventini, hanno chance minime.
A tenere in piedi l'idea del "prof" c'è anche un altro dato: il Colle, lunedì, darebbe un placet ad una scelta simile. Un placet non entusiasta, ma comunque un via libera. Tradotto, pur preferendo un nome "pesante" per la guida del Paese, il presidente Mattarella sembra orientato ad accettare anche la soluzione Conte o Roventini.
Tra i due il favorito è Conte sia perché il suo nome è stato già fatto nell'ultimo incontro del M5S con il capo dello Stato, sia perché il profilo del keynesiano Roventini è piuttosto orientato a sinistra. Ma i giochi sono tutt'altro che chiusi, e perfino l'opzione Di Maio, osteggiata dalla Lega, non è ancora morta.
Il leader del M5S potrebbe fare un ultimo tentativo, motivandolo proprio con la necessità di un nome di peso a capo del governo. Se fallirà, dovrà accontentarsi molto probabilmente del Ministero dello Sviluppo Economico, mentre Interno e Agricoltura andranno certamente alla Lega (con Salvini e Fontana in pole). Per gli esteri resta l'opzione Giampiero Massolo mentre per l'Economia la sfida è tra Giancarlo Giorgetti e un tecnico, con il primo in corsa anche come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Sul fronte Lega intanto oggi si chiude la missione dei gazebo allestiti in un migliaio di piazze. Per tutta la giornata i sì (moltissimi) e no (pochissimi) al contratto tra il signor Salvini e il signor Di Maio per un governo Lega-5 stelle, si sono alternati a contestazioni, plebisciti, elenchi finiti e recuperati in corsa, 'infiltrati' di sinistra a Napoli o 'gemellaggi' dei due compagni di viaggio che si sono scoperti alleati, a Verona. E in serata è Salvini a quantificare gli 'elettori': sono più di 100.000 perché "cambiare si può - scrive - non da soli ma insieme".
A Roma il presidente di un club di Forza Italia passato alla Lega dopo il 4 marzo, ha piazzato un banchetto in periferia con la bandiera 'Salvini premier' e l'urna di cartone, perché senza il permesso di un gazebo. Affluenza alta al nord. A volte imprevista come a Trieste: all'ora di pranzo erano finiti gli elenchi a disposizione, una ventina, per raccogliere nomi e firme dei votanti. Perciò nel frattempo hanno scritto sugli allegati. E a quell'ora gli organizzatori vantavano un 98% di consensi. In tanti in fila anche negli oltre 50 gazebo in Toscana. E qui non solo militanti ma, secondo la Lega, molti non iscritti al partito.
Non sono mancate le contestazioni. A Reggio Emilia una quindicina di persone della sinistra radicale e dei centri sociali ha protestato davanti a un banchetto cantando 'Odio la Lega'. A Napoli vince la fantasia: una bambola con la foto di Salvini al posto della testa e slogan 'vergognatevi', è stata la protesta di una ventina di attivisti dei centri sociali in via Toledo. E per non dimenticare le distanze con la Lega, hanno pure mostrato una cartina dell'Italia capovolta, con il sud in testa. Proprio nella strada napoletana del centro si racconta di 200 voti raccolti in un'ora e mezzo. Tra i primi, i cosiddetti 'infiltrati di sinistra'. Come Vincenzo che ha votato no soprattutto perché vuole mettere un freno al reddito di cittadinanza: "E' stata una grande delusione. E' un modo, il solito, per foraggiare i falsi poveri, ecco perché ho votato no", spiega. Voti trasversali e dubbi anche a Treviso: "Le sole perplessità convergono sulla fiducia che si può concedere a chi, a differenza della Lega, non ha mai avuto esperienze di governo", spiegano così i leghisti veneti. A Roma divisioni pure in famiglia: davanti a un gazebo in via del Corso la moglie per il sì, il marito contrario e a dividerli pare sia la simpatia per Di Maio.
Dubbi fugati invece a Verona dove, archiviata la guida dell'ex leghista Tosi e ora con sindaco di Forza Italia, i militanti di Lega e 5 Stelle si sono trovati fianco a fianco davanti allo stadio Bentegodi: i primi con gazebo e urne, gli altri per volantinare e spiegare le ragioni del nuovo possibile esecutivo. Un assaggio di governo?
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