L’ultimo giro di pista per individuare il premier del governo M5S-Lega potrebbe essere in un nuovo vertice a Milano, anche se non ancora confermato, tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il nodo premiership, ultimo ostacolo per far partire l’esecutivo giallo-verde, è stato e rimane ancora in queste ore quello più delicato da sciogliere. Sul programma condiviso, invece, i due partiti hanno trovato, faticosamente, la quadra e domani, salvo colpi di scena, il M5S farà votare online, dagli iscritti, il contratto di governo. Il decimo giorno di trattativa è, per M5S e Lega, ancora in chiaroscuro. I due leader confermano che lunedì andranno al Colle ma chi si aspettava un anticipo sui temi è rimasto deluso. Ed è sulla premiership, ancora una volta, che M5S e Lega si arenano. Tramontata l’idea della figura terza tecnica è possibile che a Palazzo Chigi sieda un profilo proposto dal M5S. «Sarebbe stato un onore rappresentare il Paese ma i numeri sono i numeri», spiega Salvini in serata ammettendo, di fatto, il gap di voti e di seggi nei confronti dei Cinque Stelle. Ma oltre questo punto non si va. Il nome «forte» proposto da M5S, infatti, è stato sempre uno: Luigi Di Maio. E in una bozza (scritta a penna) della squadra di ministri circolata compare, non a caso, il nome di Di Maio a fianco alla casella Presidenza del Consiglio. Ma per Salvini non è facile accettare questa soluzione. Primo, perché pur con ministeri pesanti assegnati alla Lega (dall’Economia all’Interno, che andrebbe al leader stesso) e pur con il ruolo di vice, il rischio di subalternità, per il Carroccio, è forte. Secondo, con Di Maio alla premiership l'opposizione di FI e Fdi sarebbe durissima. Salvini ha fatto presente quest’ultimo punto al suo interlocutore evocando, tra l’altro, l’ok leghista alla soluzione Emilio Carelli. E Di Maio già nei giorni scorsi aveva dato disponibilità al passo indietro. Ma un nome politico forte, terzo e del Movimento non è semplice da trovare in un partito giovane e, in fondo, fortemente verticistico. E allora ecco che, per Palazzo Chigi, il favorito, secondo in 5 stelle, resta proprio Di Maio anche se Salvini continua ad insistere: «né io né lui saremo premier». Intanto, i due leader lasciano Roma in vista del fine settimana dedicato ai banchetti sul programma. «La base del governo c'è, il premier non sarà un problema», spiega Di Maio da Monza mentre Salvini da Aosta quasi sferza il suo futuro alleato: «si chiude o la parola tornerà a Mattarella». La Lega sottoporrà il programma al voto (aperto a tutti) ai gazebo. E qualcuno dentro al partito ipotizza nuovi scenari qualora dovessero prevalere i «no» dei militanti, come ad esempio la possibilità di un pretesto, di una exit strategy per sfilarsi dalla partita. Ecco perché domani sarà un momento cruciale per la partita della premiership. Né sabato né domenica i due leader infatti potranno vedersi mentre un eventuale incontro, lunedì, prima di andare al Colle, dovrebbe servire solo per vidimare l’accordo. Intanto, per M5S-Lega arriva il sostanziale placet di Vladimir Putin. La volontà di ritirare le sanzioni nei confronti di Mosca è «Un buon segno», affermano fonti vicine al Cremlino certificando, di fatto, un probabile potenziamento dell’asse Roma-Mosca con il governo gialloverde. E quella russa è, per ora, una voce isolata. I mercati restano in fibrillazione laddove si fa sempre più evidente lo scetticismo di alcune delle più forti cancellerie europee.