Mattarella lancia una sorta di ultimatum a Lega e Movimento Cinque stelle, spiegando come si dovrebbe procedere qualora i due partiti non trovassero un accordo sui nomi dell'esecutivo: "Sulla scelta del premier e poi dei ministri userò tutte le mie prerogative; poi attenzione a non varare provvedimenti creativi senza copertura di Bilancio perché è mio potere e dovere rimandarli alle Camere", ha spiegato il capo dello Stato. Tra un passato che è ancora presente e un presente che dimentica la Costituzione il presidente della Repubblica è intervenuto ieri, alla vigilia della giornata nella quale Luigi Di Maio e Matteo Salvini dovrebbero fargli sapere il nome del premier che hanno scelto per guidare l’esecutivo giallo-verde. È andato a Dogliani per ricordare Luigi Einaudi, uno dei padri della patria universalmente riconosciuto per aver posto le basi della Repubblica, uscita in ginocchio dalla guerra e risorta in pochi anni fino al boom economico degli anni 60. Mattarella saccheggia a piene mani il pensiero di Einaudi e lo scaglia nel presente dando appieno il senso che per il presidente la misura è colma. Non sono un «notaio» che registra senza pensare e valutare, è la premessa. In un discorso complesso dedicato alle forze politiche della «terza Repubblica», denso di «warning» attualissimi, Mattarella dice a chiare lettere che la nomina di un presidente del Consiglio spetta a lui. Che ci sono tempi e modi dettati dalla Costituzione secondo i quali prima si dovrà confrontare con il premier incaricato e poi si passerà alla scelta "importantissima" dei ministri. Che questa scelta avverrà insieme al premier che gli dovrà sottoporre la lista. Cita Einaudi, ma si riferisce al presente il presidente quando ricorda che Luigi Einaudi «si servì in pieno delle prerogative attribuite al suo ufficio ogni volta che lo ritenne necessario». Ad esempio dopo le elezioni del 1953 quando «non ritenne di avvalersi delle indicazioni espresse dal principale gruppo parlamentare, quello della Democrazia Cristiana» e nominò un esecutivo «di pochi mesi, che portò al chiarimento politico con la formazione di una maggioranza tripartita che governò sino alla scadenza del settennato dello stesso Einaudi». Quanta somiglianza con la proposta Mattarella di un governo di garanzia a tempo che forse avrebbe potuto permettere una maturazione per un Governo di legislatura! Ma non basta. Il paziente Mattarella ricorda non a caso anche due precedenti di rinvio alle Camere di provvedimenti governativi, «perché comportavano aumenti di spesa senza copertura finanziaria, in violazione dell’art.81 della Costituzione». Come non pensare alle perplessità degli economisti che vedono in queste ore a Milano Di Maio e Salvini incrociare sul tavolo di programma giallo-verde due provvedimenti costosissimi come la flat tax e il reddito di cittadinanza? Mattarella quindi attende per domani novità. Nulla è cambiato al Quirinale. Lega e M5S hanno chiesto al presidente di fermare gli orologi fino a oggi. E così è stato. In assenza di comunicazioni, il governo di garanzia per fare la Finanziaria e votare nel febbraio 2019 è pronto.