Ritorno al voto? Gentiloni: "Preferirei non continuare ma se lo chiede Mattarella non posso dire no"
Ha sbagliato il Pd a dire «tocca a loro» e opporre un «gran rifiuto» al dialogo con M5s. Un’intesa di governo non era «realistica», ma andare al tavolo «avrebbe messo a nudo le contraddizioni» dei Cinque stelle. Paolo Gentiloni prende le distanze dalle scelte di Matteo Renzi. Lo fa dalla stessa poltrona tv da cui una settimana fa l’ex segretario Dem aveva chiuso a Luigi Di Maio. E nella partita interna al Pd, sostiene Maurizio Martina: «Dobbiamo dargli un pò di tempo e una mano al suo impegno per l’unità». «Abbiamo preso due sberle, al referendum e alle politiche, ed è allarmante che non ci siamo chiesti il perché», attacca Gentiloni. «Quando la sconfitta è così bruciante - sottolinea - non è colpa solo di Matteo Renzi ma coinvolge tutti i dirigenti a iniziare da me». È il momento di far mea culpa per «cambiare» senza addossare la colpa agli elettori, afferma. E, a differenza di quanto sostengono i renziani, sembra sposare la proposta di Beppe Sala e Carlo Calenda di una gestione collegiale del Nazareno per ripartire, senza andare allo scontro sul segretario in assemblea o affrettare il congresso. Se nascerà un governo M5s-Lega, afferma, «bisogna costruire una coalizione ampia di centrosinistra, dai moderati alla sinistra combattiva». Mentre Matteo Renzi, come Matteo Orfini, rivendica la scelta di aver chiuso ai M5s, Gentiloni avverte su tutti i pericoli di quello che definisce l’esecutivo «incognita» giallo-verde. È un esecutivo «legittimo», afferma, ma se sui mercati non c'è turbolenza è indice di «attesa, non di fiducia». I conti adesso sono in ordine ma, avverte, «è un attimo andare fuori strada». Gentiloni non svela se sarebbe in campo da candidato premier in caso di ritorno al voto. Ma a Di Maio che chiede, in caso di voto, di lasciare Gentiloni a Palazzo Chigi, replica che sarebbe «un problema» governare senza fiducia: «Preferirei non proseguire ma se me lo chiede Mattarella...», aggiunge. Piuttosto, l’invito al Pd è sostenere con responsabilità il tentativo del capo dello Stato e valutare la sua proposta, anche se la votasse solo il centrodestra. «Dire No a Mattarella è dire No al Paese», è il messaggio a tutti i partiti. Quanto ai Dem, Maurizio Martina a un deputato a lui vicino esprime il disappunto per la possibile intesa Di Maio-Salvini: «Io non gioisco di certo se nasce un governo Lega-Cinque stelle, anzi, mi preoccupo e non poco». La delegazione Pd si vedrà al Nazareno domattina, prima di salire al Quirinale. Fuori dalla partita e pronti a sostenere Mattarella con il via libera a un governo «di responsabilità», i Dem continuano a sperare di evitare il ritorno alle urne. La nascita di un governo senza il Pd aprirebbe la strada all’assemblea del partito, per eleggere un nuovo segretario (Maurizio Martina è in corsa e Renzi vorrebbe sfidarlo con un nome come Lorenzo Guerini) e potrebbe rinviare invece la data del congresso, anche considerato che contro il candidato in pectore della minoranza, Nicola Zingaretti, il fronte renziano non ha un nome. In campo c'è il renziano 'non ortodosso' Matteo Richetti, ma a Renzi dice: «Il tuo campionato non è il prossimo», e lo invita a tenersi fuori dalla partita. Ora però le parole di Gentiloni rimescolano le carte: con il premier in campo al fianco di Martina, gli equilibri potrebbero cambiare.