L'ultimo appello per i partiti sarà lunedì. Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha convocato nuove consultazioni, poi, in assenza di eventuali improvvisi accordi passerà lui all'azione, ovvero punterà a quel governo di tregua o del presidente che eviterebbe le elezioni imminenti.
Matteo Salvini, intanto, si dice pronto al preincarico e apre, per la prima volta, ai responsabili, ma non di segno Pd. Il leader della Lega fa filtrare in serata la sua posizione: quella di andare in Aula a cercare i voti per la maggioranza. Il primo interlocutore, per il leader della Lega, resta il M5S ma in assenza del movimento pentastellato è anche pronto ad aprire al sostegno di parlamentari che condividano il progetto, i cosiddetti "responsabili". Ne servirebbero una cinquantina, a Salvini, per ottenere la maggioranza alla Camera. E, per avere il preincarico dovrebbe dare un dettagliato elenco al Colle, per nulla intenzionato ad assegnare un incarico al buio.
Il centrodestra salirà al Quirinale unito ma ancora una volta tra Lega e FI si stanno creando delle crepe. Perché se Salvini punta a un governo politico che attui il programma del centrodestra, tra gli azzurri si starebbe facendo largo l'idea di proporre un governo di scopo-istituzionale presieduto dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. Le divergenze si allargherebbero anche al team dei ministri, dove FI guarda a figure tecniche laddove la Lega punta a personalità espressione dei partiti. E di certo, a dividere gli azzurri e la Lega resta l'atteggiamento sull'Europa.
Tramontata qualsiasi possibilità di accordo politico con M5s o con la Lega, il Partito democratico si presenta al Quirinale pronto a dare la sua disponibilità a supportare il governo istituzionale. Nel voto unanime della direzione a Maurizio Martina perché continui a gestire il partito nella fase di formazione del governo, c'è anche questo: una disponibilità all'ascolto di Mattarella non condizionata da veti. Anzi, rafforzata dal desiderio, che accomuna tutte le aree Dem, di rinviare il più possibile il ritorno al voto.
La soluzione che 'pacificherebbe' i Dem sarebbe quella di un governo del presidente sostenuto "da tutti", ma che però non avrebbe l'appoggio dei grillini. "Noi siamo stati responsabili, se vogliono faranno un governo di tutti contro di noi", attacca Luigi Di Maio che avverte: ma "non sarà facile fare un'ammucchiata contro 338 parlamentari".
Nel Movimento, però, la delusione per l'inesorabile allontanarsi di una prospettiva di governo è palpabile. E sale, nel frattempo, il timore che un ritorno al voto non premi il M5S come è accaduto il 4 marzo. C'è chi, tuttavia, nel Pd e anche nell'area renziana dei Dem, al termine della Direzione non esclude che il M5S possa essere partner di un esecutivo istituzionale, "non politico", per le riforme. Ma l'ipotesi, con il M5S mai come in questi giorni tornato barricadero, sembra davvero lontanissima.
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