ROMA. La quiete dopo le schermaglie. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, nel sabato prepasquale, ammainano per ora le spade e scelgono di ignorarsi. Non parla il leader della Lega, che a Ischia evita per un giorno uscite pubbliche. Non parla di premiership il capo politico M5S, che in un post mattutino sul blog torna a rilanciare il programma pentastellato, forse consapevole che il continuo rivendicare la guida di Palazzo Chigi potrebbe incancrenire ulteriormente il dialogo con la Lega. Nulla, tuttavia, si muove verso la formazione di un governo, partita che, da qualche ora, vede rientrare anche la fronda dialogante del Pd. Una fronda consistente ma numericamente ininfluente, vista la ferma volontà dei renziani di restare all’opposizione. La parola chiave del sabato santo è «programma». E’ al programma di 20 punti che Di Maio fa riferimento rilanciando gli obiettivi fiscali del M5S: dimezzamento dell’Irap, riforma degli scaglioni Irpef, abolizione dello spesometro» e «la digitalizzazione del fisco», sul quale oggi pone l’accento. «I benefici del fisco digitale sarebbero immensi», spiega Di Maio osservando che, per il progetto, basta usare le risorse stanziate per l’Agenda digitale», finora, «spese poco e male». E così, assicura Di Maio, si arriverebbe all’abolizione «di fatto e non solo di nome di Equitalia». Non c'è, nel post, alcun riferimento alla premiership. Una svolta o un semplice modo per placare lo scontro? Di certo, nel M5S, la conditio sine qua non della premiership a Di Maio e quella di non sedersi al tavolo con FI restano al momento insormontabile. Ma resta, anche, la consapevolezza di una partita difficilissima che, con il passare dei giorni, rischia di indebolire la rivendicazione del M5S alla guida dell’esecutivo. Anche perché, al momento l’accordo Lega-Movimento resta in alto mare. «Tutto è possibile», spiega Massimiliano Fedriga, laddove il governatore del Veneto, Luca Zaia, rilancia uno dei concetti più cari al Carroccio: «Salvini premier è l’uomo giusto al posto giusto». I due leader, sottolineano fonti parlamentari, si parlano e hanno espresso entrambi la volontà di vedersi. Ma al momento la data del vertice «non è in agenda», sottolineano le stesse fonti. Anche perché c'è un’organizzazione logistica da mettere a punto e che, probabilmente, vedrà Di Maio e Salvini a Roma solo giovedì, giorno in cui entrambi tra l’altro saliranno al Colle. E a questo punto non si esclude neanche che il vertice slitti a dopo il primo giro di consultazioni. C'è un terzo attore, infine, che pare emergere dall’ombra: il Pd. O meglio, la sua fronda dialogante pronta anche ad un accordo con il M5S ma con una figura terza alla premiership. Ad una simile prospettiva fa da contraltare il nodo dei numeri: al M5S, alla Camera, servono una novantina di parlamentari per la maggioranza assoluta. Praticamente quasi tutto il gruppo Dem che, tuttavia, resta in una parte sostanziosa nelle mani di Matteo Renzi e della sua linea di una ferma opposizione. I prossimi giorni vedranno se ci sarà un compromesso percorribile. E, probabilmente, decisivo per il tanto caldeggiato accordo sui temi sarà il dibattito sul Def, che inizierà il 10 aprile e che si concluderà a ridosso delle Regionali in Molise e Friuli Venezia-Giulia.