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Di Maio, festa a Pomigliano D'Arco: "Siamo proiettati al governo del Paese"

Luigi Di Maio

POMIGLIANO D'ARCO. «In questi giorni tutti stanno provando ad avvicinarci alla destra o alla sinistra, noi non siamo né di destra né di sinistra, sono categorie superate e dobbiamo dirlo con forza perché è questo che ci ha fatto arrivare dove siamo». Lo afferma Luigi Di Maio dal palco di Pomigliano d’Arco.

«Non siamo una forza territoriale, siamo inevitabilmente proiettati al governo di questo Paese, non come altri che sono forze politiche territoriali che stanno a oltre 15 punti da noi». Ha detto Di Maio facendo chiaro riferimento
alla Lega di Matteo Salvini.

«Io sentivo il bisogno di venirvi ad abbracciare subito perché qui si è fatta la storia. Vi posso assicurare che essere qui, vedervi ringraziare e regalare anche un sorriso a chi non ce l’ha fatta, c'era chi ci insultava, e noi gli abbiamo regalato un sorriso che sfonda il 60%. Non serbiamo rancore, non è una partita di calcio».

«Non passiamo il tempo a vantarci dei risultati noi abbiamo un unico grande obiettivo, che è prendere questo consenso non per andare a Palazzo Chigi ma per riunire il primo Cdm e fare le tre cose promesse da Piazza del Popolo, abolire i vitalizi, tagliare gli stipendi ai parlamentari e prendere 30 miliardi dagli sprechi per metterli in diritti. Ci sono da eleggere i presidenti delle Camere, noi siamo pronti al dialogo con tutti ma dovete venire a parlare con noi perché sennò è difficile fare qualcosa in questa legislatura».

Luigi Di Maio lo aveva previsto: "dovranno passare da noi". E le elezioni - sottolineano i 5 stelle - lo hanno confermato. Nella 'quasi' tripartizione parlamentare, ritengono di essere centrali per la costituzione di una maggioranza che sia di governo. Per questo il leader M5s ora resta a guardare. Attacca la Lega (non siamo solo una forza territoriale come loro, il governo inevitabilmente sarà nostro, dice). E mette sul piatto i punti del suo programma, a partire da quelli già annunciati in campagna elettorale. Una rosa di temi che parte dagli aiuti alla famiglia, ai disoccupati e ai pensionati. In grado di poter aprire trattative sia a destra che a sinistra. E sfruttando anche l’assist che in queste ore gli stanno servendo gli imprenditori, a partire da Sergio Marchionne, che non sembra per niente preoccupato di un ipotetico governo a 5 stelle. "C'è un capo politico" che decide con chi avviare il dialogo, mette in guardia Beppe Grillo che si duole solamente del fatto che Matteo Renzi abbia annunciato il passo indietro: «Peccato, altrimenti il Pd poteva scendere al 10%». Per il resto Grillo sembra accettare di buon grado la tattica politica del leader politico."La specie che sopravvive non è quella più forte ma quella che si adatta meglio. Quindi noi siamo un pò democristiani, un pò di destra, un pò di sinistra, un pò di centro... possiamo adattarci» afferma il garante che parla di evoluzione della specie in salsa partitica.

Il Movimento in questa fase non farà passi falsi: «Come ribadito dallo stesso capo politico, il M5S è aperto al dialogo con tutte le forze politiche che saranno presenti in Parlamento. Non c'è alcuna attenzione particolare verso una o l’altra forza. Il nostro programma contiene delle proposte specifiche, che siamo pronti a discutere con tutti» precisa in un comunicato. Perché tutti, al momento, sembrano fiutare l’esistenza di una preferenza al dialogo a sinistra. E la rapida in cui si è avvitato il Pd lascia spazio alle congetture che si saldano con l'analisi di quella che è la composizione della squadra di governo decisa dai 5 Stelle. Molto sembra guardare in quella direzione: ministri candidati che in alcuni casi arrivano da ambienti dem, ricette economiche di stampo keynesiano che a sinistra non dispiacciono. E il corteggiamento che già arriva da molti esponenti del centrosinistra, da Michele Emiliano che si preoccupa di evitare «la saldatura del Movimento con le destre, con l’astensionismo, e con la perdita di speranza» al piemontese Sergio Chiamparino che ricorda: «dialogo con loro quotidianamente. Non c'è nessun tabù da sfatare».

Ma il corteggiamento arriva anche dal centrodestra. «M5S e Lega hanno vinto le elezioni e devono governare» mette in chiaro Roberto Maroni ed anche il responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, apre alla possibilità di un governo composto dal Centrodestra e dal Movimento Cinque Stelle, che avrebbe una "maggioranza schiacciante e che potrebbe trovare più che un tema di convergenza» come l’abolizione del Pareggio di bilancio. Borghi mette in guardia anche da erronee letture del messaggio del leader del Carroccio. «Attenzione, Salvini ha escluso un governo Lega-M5s. Ma centrodestra-M5s sarebbe tutta un’altra storia».

Con l’exploit di voti, con il pienone fatto in Sicilia, dove il M5s non ha neppure abbastanza candidati da far eleggere, («In Sicilia sono finiti i candidati al Senato e probabilmente il Senato avrà un seggio in meno perché abbiamo più seggi che candidati») e in Puglia, corteggiato da destra e da sinistra e dopo aver mandato il suo messaggio rassicurante ai mercati finanziari, dopo aver corteggiato le Pmi e dopo aver raccolto anche il via libera della grande industria, Di Maio guarda però al Colle. Per il momento non si registrano contatti di alcun genere ma quello che il Movimento ritiene a suo giudizio un diritto, e che si aspetta, è l’incarico a provare a formare un governo. Ma tempo al tempo: per ora il M5s si dedica all’accoglienza e alla formazione dei nuovi eletti. Venerdì sono tutti attesi a Roma per la prima assemblea «congiunta».

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