ROMA. Matteo Renzi potrebbe lasciare la guida del Pd. Ma sul suo addio è giallo. Un lancio dell'agenzia Ansa, intorno a mezzogiorno, annunciava la sua decisione di lasciare, ma poco dopo, è arrivata la smentita del portavoce del segretario, Marco Agnoletti su Twitter.
Nell’ora più buia del Partito democratico, il segretario era al Nazareno. Voleva aspettare lo spoglio a casa, nella sua Firenze, e invece pochi minuti prima della chiusura delle urne ha varcato la soglia della sede nazionale del Pd.
Il «tesoretto» del 40% alle europee, che segnò l’ascesa a palazzo Chigi, è evaporato, forse più che dimezzato. Ha dunque preso corpo l'ipotesi di un suo possibile passo indietro.
Aveva escluso di mollare la segreteria, Renzi. Ma con il passare delle ore i dubbi avrebbero preso corpo con l'idea di assumersi in pieno la responsabilità della sconfitta. Nel suo ufficio al secondo piano del Nazareno ha seguito i dati con Matteo Orfini, con lui i fedelissimi, da Luca Lotti a Maurizio Martina e Lorenzo Guerini.
La linea decisa alla vigilia (guida salda del partito e "opposizione"), vacillava man mano che i dati vanno oltre le più buie previsioni. Renzi si rammarica di una campagna elettorale 'subita': impostata, contro la propria indole, come chiedeva il partito (avanti la squadra, toni bassi e proposte concrete). Ma al dunque, i dati pesano. L’elettorato del Pd sembra essersi rimpicciolito, anche al netto della scissione. Si pagano gli anni di governo, nonostante i dati del Pil positivi e tutti i risultati elencati allo sfinimento in campagna elettorale.
Dalla minoranza, fermamente contraria a ipotesi di larghe intese, potrebbe levarsi ora la richiesta di andare a «vedere» sul serio le carte dei Cinque stelle. Un governo con i grillini e gli ex compagni di LeU (per quanto anche loro 'rimpicciolitì dal voto) potrebbe essere anche un viatico per la ricostruzione dell’unità a sinistra.
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