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Da destra a sinistra le sfide interne per la premiership a 7 giorni dal voto, M5s alle prese col caso candidati

PALERMO. Il centrodestra che battibecca sul candidato premier, il centrosinistra che prova a mostrare unità nell'abbraccio tra Renzi e Gentiloni, i grillini alle prese con un nuovo caso di candidati incompatibili con le regole interne. A una settimana dal voto, l'aria è tutt'altro che serena nelle coalizioni. 

Nel centrodestra a tenere banco è soprattutto la gara a chi prenderà più voti tra Forza Italia e Lega. Silvio Berlusconi, dal Tgcom di Mediaset, rilancia il primato azzurro sugli alleati, proprio mentre Matteo Salvini, a sua volta, rivendica di essere il primo partito della coalizione. Ma a movimentare il rush finale verso le elezioni anche l'ipotesi di una premiership affidata ad Emma Bonino, se fosse necessario qualche voto in più per raggiungere la maggioranza. Ma è un'eventualità bocciata dalla leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, che a sua volta si candida a essere il primo premier donna della storia della Repubblica. "Mai coi nostri voti, Emma Bonino è tutto ciò che combatto" commenta dalla manifestazione di Fratelli d'Italia a Milano.

Milano è palco anche per Matteo Salvini: il leader del Carroccio con tanto di crocifisso, Vangelo e Costituzione tra le mani, si dice "sicuro che la Lega sarà la prima forza del centrodestra" e nega decisamente di voler sostenere alcun tipo di inciucio per governare.
Berlusconi, intanto, continua a nascondere le carte sull'esecutivo che ha in mente, anche se appare chiaro il suo intento di lanciare Antonio Tajani come candidato premier. "Avete capito benissimo quale sarà il nome che Forza Italia indicherà - si limita a dire - sarà qualcuno che ci rappresenterà benissimo in Europa...". Un futuro governo di centrodestra, assicura, sarà però formato in larga parte "non da politici", ma da personalità di successo del mondo delle imprese e delle professioni "che possano essere stimate da tutti". E tra questi nomi il Cavaliere insiste con Carlo Cottarelli. L'ex commissario alla spending review aveva già declinato nei giorni scorsi l'invito ma Berlusconi assicura che "siamo d'accordo che dopo il risultato delle elezioni ci vedremo, esaminerà bene il nostro programma e, nel caso, potrà essere più o meno disponibile a darci una mano".

 

Il centrosinistra, invece, dopo le divisioni di Macerata si ritrova unito a Roma, in piazza del Popolo, per manifestare contro fascismo e razzismo. Accogliendo l'appello di Anpi, Cgil, Cisl, Uil, Libera, Arci e Acli, il Pd e Liberi Uguali, insieme a sigle come "Potere al Popolo", abbandonano, per un giorno, i toni accesi della campagna elettorale. E mandano al Paese, a otto giorni dal voto, un messaggio a sostegno della Costituzione repubblicana, figlia della Resistenza. "Un bellissimo messaggio costituzionale, un corteo molto importante - commenta il premier Paolo Gentiloni - perché c'è grande bisogno di rassicurare".

L'unico momento di tensione quando i servizi d'ordine fermano le troupes tv nel retropalco, accorse per l'abbraccio tra Paolo Gentiloni e Matteo Renzi. Accolto da grande affetto e qualche applauso, Gentiloni definisce il corteo "un importante messaggio costituzionale che serve a rassicurare". Laconico anche Renzi: "Oggi un giorno importante, è bello che ci sia il premier e tutto il Pd". Quindi, dopo pochi minuti il segretario dem lascia la Piazza. Bersani evita anche di polemizzare e commenta ironico: "Renzi in piazza? Ho manifestato tante volte con i Dc...". Toni distinti, invece, sul tema della repressione delle forze neofasciste.

Nicola Fratoianni è netto: "Chiediamo lo scioglimento di queste organizzazioni". Più sfumato Bersani: "Non entro nella questione dello scioglimento, ma chi è fuori la Costituzione non può presentarsi alle elezioni". Pietro Grasso sottolinea che "chi inneggia all'odio razziale non può che essere fascista". Infine Laura Boldrini annuncia che firmerà l'appello dell'Anpi per la chiusura di questi gruppi. Contro la piazza di Roma si schiera Matteo Salvini. "E' ritorno al passato che porta solo rabbia", osserva da Milano. Brusca la replica del vicesegretario dem, Maurizio Martina: "Chi non ha memoria, non ha nemmeno futuro".

In casa M5s, intanto, tiene banco un nuovo caso di candidati incompatibili con le regole interne. Alla vigilia dell'annuncio del primo nome del potenziale esecutivo 5 Stelle - che verrà fatto oggi, in tv, da Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista - scoppia l'ennesima grana sui candidati esterni. E' Antonio Tasso, in corsa all'uninominale di Cerignola-Manfredonia a finire nel mirino per una condanna in primo grado subita nel 2008 per contraffazione di diritto d'autore. Una condanna di lieve entità e che dunque non risultava nel casellario giudiziario di Tasso.

Il candidato M5S in Puglia avrebbe taroccato i cd e finì condannato a sei mesi di carcere e 2000 euro di multa. La pena poi fu sospesa e il processo finì in prescrizione. "Tasso ha accettato la prescrizione prima che esistesse il Movimento stesso ma non ci ha informati dell'episodio. Per questo ho proposto al collegio dei probiviri la sua espulsione", annuncia in serata Di Maio. Qualche ora prima, Tasso su Facebook aveva scritto: "Ho inviato tutti i certificati giudiziari al M5S e sono puliti". "Non c'è nessun trattamento equo, ormai siamo il bersaglio ma è chiaro che gli italiani devono dare una lezione col voto a questo sistema di disinformazione", spiega Di Maio definendo un "boomerang" la strategia dei media.

 

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