PALERMO. Gli elenchi adesso sono ufficiali: il Pd ha diffuso in nottata le liste elettorali. I nomi dei candidati nei 232 collegi uninominali della Camera, dei 116 del Senato e di quelli da eleggere col sistema proporzionale in collegi plurinominali, è stato pubblicato sul sito del partito. ECCO L'ELENCO DEI CANDIDATI IN SICILIA In Sicilia restano fuori dalle liste Rosario Crocetta e Peppe Lumia. L'ex governatore non appare sorpreso. "Nessun risentimento, abbiamo scelto la politica per servizio. E' andata come avevo previsto. Non sarà certamente questa vicenda a farci rinunciare alla politica. Saremo presenti in campagna elettorale, con il nostro Megafono, nelle piazze di tutta la Sicilia per denunciare il processo di restaurazione in corso e di vera e propria epurazione di ogni dissenso. Faremo un'operazione verità", afferma Crocetta. Lumia, invece, che nel 2013 era stato eletto a palazzo Madama per il Megafono, lascia trasparire una certa irritazione: "È stato dato un altro colpo mortale all'idea di partito progressista, plurale, fatto di culture politiche, di classi dirigenti, di progettualità che si incontrano, per restringere il cerchio e vivere questa campagna elettorale con un'idea disperata e del 'si salvi chi può'". Poi aggiunge: "Lascio il Parlamento ma non la politica e nessuno si illuda che io sia disposto ad abbandonare l'idea di costruire un Pd realmente democratico". Ma è l'ex governatore a ricevere subito un'altra proposta. Arriva da Vittorio Sgarbi: "Annuncio la mia disponibilità a indicarlo come responsabile nazionale per l'antimafia del movimento Rinascimento". Crocetta intanto sta valutando l'ipotesi di lavorare alla costruzione di "un nuovo soggetto politico per il cambiamento della Sicilia". In Sicilia il Pd schiera due big: il premier uscente Paolo Gentiloni e il sottosegretario Maria Elena Boschi, rispettivamente a Catania e Taormina. "Siamo convinti di aver messo in campo la migliore squadra per vincere". Matteo Renzi, in maniche di camicia bianca, spazza con poche parole due giorni durissimi per il suo partito, aprendo la conferenza stampa in cui, cercando di smontare ogni dissapore, anticipa alla stampa le liste dei candidati. Parla poche ore dopo una tesissima direzione fiume, terminata oltre le 4 di mattina, che ha sancito uno strappo molto duro con la minoranza, che alla fine non parteciperà al voto finale sulle liste. I renziani fanno infatti il pieno, la minoranza si ritrova con tanti esclusi e pochi nomi in lista, in un clima molto pesante, tanto che Massimo D'Alema, dal Salento, sostiene che "in una notte il Pd si è trasformato nel partito di Renzi". Renzi che taglia corto: "Non è tempo di polemiche come dice Orlando. Ora c'è da fare la campagna elettorale. E io sono d'accordo. Non ci sono stati veti, m'interessano di più i voti". Parole che non calmano l'irritazione degli 'orlandiani' che anzi replicano stizziti: "Va bene ora lo stop a polemiche, ma non è vero che non ci sono stati veti. Ci sono stati veti e mortificazioni che potevano essere evitate. Se c'è una cosa che invece è vera è che Renzi non ha fatto come Bersani nel 2013, perché ha fatto molto peggio". Soddisfatta invece l'area Franceschini che si vede confermare il suo peso numerico. A parte la difficile partita con le minoranze, resta l'amaro in bocca di un partito alle prese con un passaggio molto difficile, tra promozioni e bocciature che fanno comunque molto discutere. In questo clima, irrompe la protesta del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda che si sfoga su twitter: "Qual è il senso di non candidare gente seria e preparata, protagonista di tante battaglie importanti come De Vincenti, Nesi, Rughetti, Tinagli, Realacci, Manconi. Farsi del male da soli sarebbe incomprensibile". E Renzi, davanti alle telecamere, anche stavolta cerca di smussare nella forma, ma nella sostanza boccia ogni ipotesi di ripensamento: "Quando vai a chiudere un elenco con meno spazi di prima - replica a Calenda - c'è amarezza e dispiacere. Ma è fisiologico e umano il ricambio delle persone. Vedremo cosa fare in caso di rinunce". Quindi affronta di petto il nodo banche, della candidatura Boschi, andando all'attacco e lanciando una sorta di scommessa: "Sulle banche andremo a dire ai cittadini e ai nostri avversari che abbiamo salvato i correntisti. Avremo Padoan a Siena e sono sicuro che saremo il primo partito ad Arezzo", l'epicentro della vicenda Etruria. "Sono pronto a fare duelli in tv contro Di Maio, Salvini e Berlusconi se si vuole togliere lo sfizio. Questa battaglia sui collegi - conclude spavaldo - vede il Pd in grandissimo spolvero. Abbiamo la possibilità di vincere".