Personale Ars, verso il ritorno dei tetti agli stipendi: trattativa coi sindacati da mercoledì
PALERMO. Appena sarà pronta la bozza la trattativa entrerà nel vivo con un primo step fissato al 17 gennaio, intanto il deputato-questore Giorgio Assenza, delegato dal Consiglio di presidenza dell’Assemblea siciliana a trattare con i sindacati, ha riferito ai sindacalisti delle sette sigle che rappresentano 144 dei 179 dipendenti dell’Ars, che l'intenzione è quella di riproporre i tetti agli stipendi del personale, già introdotti nell’accordo scaduto a fine anno e che per i dirigenti prevedeva la soglia massima di 240 mila euro lordi omnicomprensivi. Al momento i sindacati interni tacciono, anche se alcune sigle hanno fatto capire al delegato che sarebbero pronte a trattare ma su una piattaforma più ampia e non solo sulla parte economica. Rimane poi la questione dell’aggancio al Senato. Si vedrà. Assenza è stato diretto: «Chiederemo ai sindacati di rispettare i tetti degli stipendi previsti dalla norma scaduta il 31 dicembre scorso o quantomeno di introdurre dei limiti per il risparmio della spesa pubblica». L’obiettivo del Consiglio è "di non ripristinare il trattamento economico previsto prima dei tagli del 2015». Prima di quell'accordo, lo stipendio dell’ex segretario generale dell’Ars, ora in pensione, era di circa 500 mila euro. L’idea del Consiglio è di inserire nella proposta stipendi meno onerosi per i nuovi assunti. «Su una pianta organica di 251 dipendenti, attualmente quelli in servizio sono 179 - spiega il deputato-questore - Non abbiamo fissato date sui nuovi concorsi, ma prevediamo di fare una settantina di assunzioni e chiederemo di partire da retribuzioni più basse rispetto a quelle attuali». Chi un tetto già ce l’ha sono i dirigenti della Regione. L’ex governo Crocetta lo aveva fissato a 160 mila euro lordi fiscali con una norma nella finanziaria di quattro anni fa; anche in quel caso aveva durata triennale ma dopo un chiarimento col Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) quei tetti furono messi a regime. Allo stato, dunque un dirigente generale di dipartimento alla Regione incassa 160 mila euro lordi fiscali, mentre il tetto dello stipendio del segretario generale di Palazzo d’Orleans è pari a 180 mila euro. In una sentenza dello scorso maggio, la Corte costituzionale aveva sostenuto che «l'imposizione di un limite massimo alle retribuzioni pone rimedio alle differenziazioni, talvolta prive di una chiara ragion d’essere, tra i trattamenti retributivi delle figure di vertice dell’amministrazione» e tale limite «si delinea come misura di razionalizzazione, suscettibile di imporsi a tutti gli apparati amministrativi». Per la Consulta il tetto di 240 mila euro che fu stabilito dal legislatore nazionale «non è inadeguato in quanto si raccorda alle funzioni di una carica di rilievo e prestigio indiscussi». «Proprio in virtù di tali caratteristiche - si legge nella sentenza della Corte costituzionale - esso non viola il diritto al lavoro e non svilisce l’apporto professionale delle figure più qualificate, ma garantisce che il nesso tra retribuzione e quantità e qualità del lavoro svolto sia salvaguardato anche con riguardo alle prestazioni più elevate».