Domenica 22 Dicembre 2024

Abolizione del canone Rai, è scontro tra il Pd e il ministro Calenda

Carlo Calenda

ROMA. Si gioca sulla Rai il primo scontro della campagna elettorale. Ed è uno scontro tutto interno al centrosinistra. Perché l’ipotesi che nel programma del Pd venga inserita l’abolizione del canone Rai, fa insorgere il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda: «Sarebbe solo una presa in giro», scrive. E apre così lo scontro. La dura replica del Pd viene affidata al sottosegretario Antonello Giacomelli, che rivendica i risultati raggiunti e parla di «discussione aperta» sul futuro. L’abolizione del canone Rai, afferma Matteo Orfini, è "da sempre" una proposta Dem. Ma il dibattito si infiamma e in serata a mettere ordine deve intervenire Matteo Renzi, irritato dalla ruvidezza dell’uscita di Calenda: «Abbiamo iniziato», ricorda, a tagliare il canone, e «continueremo» a ridurre i costi ma «senza proclami». Si valuterà, insomma, ma una proposta tranchant di abolizione della tassa potrebbe non comparire nel programma Pd. L’idea di sostituire il canone con risorse della fiscalità generale e compensarne la cancellazione con un innalzamento dei tetti della raccolta pubblicitaria, è oggetto da qualche tempo di una valutazione nel Pd. Da un lato chi, come Orfini e Michele Anzaldi, sostiene una soluzione radicale, con lo stop al canone e una drastica riduzione degli sprechi. Dall’altro chi è per una linea più 'soft' e progressiva. Il campo, del resto, è minato. E l'anticipazione di Repubblica dell’orientamento di Renzi a proporre al partito l’abolizione, provoca la reazione veemente del sindacato Usigrai (è un «attacco» alla Rai) ma anche i tweet al vetriolo del ministro Calenda: «I soldi dello Stato sono dei cittadini - scrive - e dunque sarebbe solo una partita di giro». «Ma quale presa in giro - replica Anzaldi - bisogna eliminare sprechi unici, con un risparmio immediato di 500 mila euro. Far risparmiare i cittadini come con lo stop all’Imu». E Calenda ribatte con tre argomenti: il governo Renzi ha messo il canone in bolletta e ora «non può promettere il contrario"; si ragioni piuttosto sulla privatizzazione della Rai; è un errore «ricadere su promesse stravaganti a tutti su tutto». Apriti cielo. I tweet del ministro irritano non poco il Pd: fuoco amico in piena campagna elettorale. E se lo stop al canone è pensato anche come messaggio per allontanare dal Nazareno l’ombra di larghe intese con il Cavaliere, un alto dirigente Dem a taccuino chiuso dice: "Calenda, al contrario di noi è sensibile alle istanze di Berlusconi, che non vuole abolire il canone perché il simultaneo aumento dei tetti pubblicitari danneggerebbe Mediaset». La risposta ufficiale del Pd viene affidata a Giacomelli, che nel ministero guidato da Calenda ha la delega alle Comunicazioni: «Meravigliano fretta e tono di alcune reazioni a una indiscrezione», scrive, ricordando a chi «allora poneva a Renzi molti dubbi», i risultati del canone in bolletta. Per il futuro, «discuteremo cosa fare», precisa, «garantendo comunque il finanziamento del servizio pubblico». Poi, l’attacco a Calenda: «E' contraddittorio - nota Giacomelli - difendere l'italianità di infrastrutture strategiche e poi teorizzare la privatizzazione della Rai che finirebbe in mani non italiane». Ma Calenda resta sulle sue posizioni ("Dire abolisco il canone danneggia la credibilità del Pd") e le opposizioni incalzano: «Calenda schiaffeggia mister Etruria», scrive beffardo Renato Brunetta. E così in serata il segretario Dem, i cui rapporti col ministro sarebbero gelidi, scrive via Twitter e Facebook: «Quando siamo arrivati al Governo, il canone costava 113 euro, adesso 90 euro. Perché se pagano tutti, paghiamo meno. Rivendichiamo la lotta contro l’evasione. Si può garantire il servizio pubblico abbassando il costo per i cittadini. Continueremo. Non ci interessano le polemiche di giornata». Da lunedì intanto si intensificherà il lavoro del Pd sulle candidature. Al momento poche caselle sono decise: Maria Elena Boschi dovrebbe correre alla Camera nel collegio Firenze 1, ma ancora non è detto. E anche le 'quotè per gli alleati sono tutte da definire. Da «Insieme» Giulio Santagata lamenta la scarsa attenzione di Renzi alla coalizione. Mentre i radicali di +Europa fanno sapere che scioglieranno la riserva sull'alleanza solo nell’assemblea del 14. Ma il soccorso di Tabacci a Bonino, che elimina il problema della raccolta firme, toglie ai Dem l'urgenza di definire le candidature, dunque la direzione che le ufficializzerà potrebbe tenersi non prima di 15 giorni.

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