ROMA. «Dopo aver contribuito a condurre in un porto sicuro la "Nave Italia" dovevo allontanare l’immagine di politico incollato a un potere sempiterno. Non mi riferisco alla poltrona di ministro ma al seggio in Parlamento. Questo è il significato profondo del mio gesto: nel mio operato non c'era la convenienza ma la convinzione». Lo dice al Corriere della Sera, il leader di Ap Angelino Alfano, motivando il suo passo indietro. Alfano respinge la tesi che sia stato costretto a lasciare perché ormai politicamente senza sbocchi: «Non c'era un problema personale o di partito - spiega -. Con i numeri della prossima legislatura, la mia area politica potrà giocare un ruolo importante». «Il rischio di scissione - ammette Alfano - è alto, non posso negarlo. È in atto una discussione tra due coerenze: una rimanda alla nostra storia, di moderati del centrodestra; l'altra al nostro presente, all’azione di governo, alle riforme liberali che abbiamo varato in questi cinque anni. Da una parte c'è Renzi e non ci sono più i comunisti, dall’altra ci sono invece i populisti. Ma il partito è vivo. Talmente vivo che viene cercato e tentato». «In queste ore - fa sapere -, ho chiesto al coordinatore del partito, Maurizio Lupi, e al vicecoordinatore Antonio Gentile di lavorare su un’ipotesi di corsa autonoma, così da tenere insieme le due coerenze e verificare se altri intendano fare insieme a noi questo percorso». «Vorrei - è l’auspicio - restassero uniti. Dopo le urne la mia area potrà giocare un ruolo importante».