ROMA. Il disgelo è avviato: Giuliano Pisapia apre il dialogo con il Pd per la coalizione. E Romano Prodi si spende in prima persona sentendo prima l’ex sindaco, incoraggiandolo ad «andare avanti nel tentativo di ricostruire il centrosinistra», poi nella serata di ieri ha un "lungo e cordiale" colloquio con Matteo Renzi.
Un colloquio al termine del quale il leader Pd scrive parole che suonano come un messaggio ai potenziali alleati: «La coalizione di centrosinistra alla quale stiamo lavorando - con il generoso contributo di tutti - dovrà garantire eguale dignità a tutti i componenti. Avremo una coalizione di qualità, con presenze significative sia alla nostra sinistra che al centro e che saremo competitivi praticamente in tutti i collegi. Metteremo in campo i migliori candidati e le migliori idee».
È un incontro «molto positivo» quello di Pisapia con Piero Fassino e Maurizio Martina, presenti Bruno Tabacci e Luigi Manconi, ad aprire la trattativa tra Pd e Cp sulla coalizione. Il Pd mette sul tavolo l’apertura a modifiche al Jobs act, l'impegno su ius soli e biotestamento, nonché sui superticket in manovra. Pisapia chiede «un segnale forte di un cambio di rotta», il no alla destra di Ap in coalizione e un «garante» del patto di coalizione, che potrebbe essere lo stesso Prodi. Ma in serata il Professore, che nel pomeriggio vede Paolo Gentiloni a un convegno sulla Cina, precisa che «non vi sarà nessuna lista intestata» a lui o all’Ulivo. La sua «preoccupazione» è "allargare e tenere insieme un campo largo di centro sinistra".
L’annunciato incontro tra il «mediatore» Fassino e il leader di Campo progressista avviene in mattinata a Milano, prima che entrambi prendano parte a una manifestazione per la candidatura di Giorgio Gori in Lombardia. Il sindaco di Bergamo è sostenuto da Pd e Cp, non da Mdp. E’ questo lo schema che potrebbe essere replicato a livello nazionale. Fino all’ultimo, come auspica Pisapia, il Pd terrà aperto il confronto con i bersaniani. Ma Mdp, che aprirà il percorso verso la lista unitaria con Si e Possibile, nota che segnali positivi concreti ad ora non ci sono: sulle pensioni Speranza aveva chiesto un segnale che «non è arrivato» e Mdp già annuncia che si mobiliterà con la Cgil.
Anche Campo progressista fa sapere che misurerà le possibilità di un’intesa con il Pd alla prova dei fatti. Ma la novità è che il confronto, benedetto da Romano Prodi si apre. C'è un’intesa sul metodo e ci si tornerà a confrontare sui contenuti in settimana, forse già giovedì.
Se - «e non è detto» - un accordo con il Pd ci sarà, l’idea dei pisapiani è costruire non una lista civetta ma un soggetto "forte» delle adesioni dei prodiani (Pisapia sarà domani a Bologna con loro), dei Radicali, magari i Verdi. Ma sul piano politico restano nodi che rischiano di far incagliare l’intesa. Una condizione su cui l’ex sindaco non sembra voler transigere - e che potrebbe essere accolta - è tenere fuori Ap dalla coalizione. Ma Lorenzo Guerini, che lavora per affiancare al Pd un soggetto di centro, in giornata sente Angelino Alfano. E Renzi ribadisce che in coalizione ci saranno «i centristi».
L’altro nodo irrisolto è la leadership. «Non può essere il leader della coalizione chi è stato divisivo in questi anni», dice da Cp Marco Furfaro, alludendo a Matteo Renzi. E Pisapia a Fassino e Martina chiede quantomeno un «garante» della coalizione. Un «padre» alla Prodi. O, negli auspici di qualche esponente di Cp, un’altra personalità che poi sarebbe il naturale candidato premier.
«Ognuno metta il suo pezzo per l’unità», invoca Walter Veltroni. Ma dalla minoranza Pd Andrea Orlando paventa il rischio che il dialogo con Pisapia possa naufragare per colpa di qualche «fesso», come quelli che l’anno scorso alla Leopolda, evento in programma tra una settimana, «gridavano 'fuori fuorì" all’allora minoranza. Ma Renzi assicura che quest’anno la Leopolda tornerà all’origine con un confronto sui temi. Quanto al Pd, assicura, è nelle condizioni di fare un «ottimo risultato» come lista e in coalizione. Intanto, mentre si alza la tensione sulle pensioni, ribadisce che aiuterà il governo di Gentiloni a «chiudere bene l’iter della manovra».
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