ROMA. Usare parte dei beni confiscati alle mafie come soluzione abitativa in caso di occupazioni abusive. E' una delle strade a cui il Viminale vuole dare impulso per evitare situazioni come quelle verificatesi a Roma. Il problema tocca soprattutto le grandi città e non riguarda solo migranti, ma anche cittadini italiani, centri sociali, aree occupate da nomadi. Già domani, con una prima riunione, il ministero lavorerà sulle linee guida che il ministro dell’Interno, Marco Minniti, vuole mettere nero su bianco ed emanare a giorni a prefetti e questori. Sul caso Roma è poi in cantiere in settimana un vertice Raggi-Minniti.
La direttiva ministeriale sarà una costola del pacchetto sulla sicurezza urbana varato ad aprile, che già prevede misure sugli sgomberi per prefetture e sindaci: la circolare vuole responsabilizzare i soggetti coinvolti, in modo che le esigenze di ordine pubblico, quelle delle famiglie più esposte e anche quelle della proprietà degli immobili non entrino in conflitto. Un ruolo in questo processo lo giocherà anche chi si occupa di sociale, negli assessorati come nelle associazioni qualificate. L'obiettivo è evitare sgomberi 'manu militarì in assenza di alloggi per sistemare le persone. Intenzione che incassa anche critiche. Da Forza Italia, Maurizio Gasparri incita a non "abbassare la guardia su immigrazione e sgomberi» e Renato Schifani bolla come «inaccettabile l’idea di dare case popolari a chi occupa abusivamente». «La sinistra perde il pelo ma non il vizio": «governo e Pd premiano i criminali», accusa la Lega.
Ma l’idea di utilizzare meglio il patrimonio sottratto alle mafie, ancora sottoutilizzato, trova sponde. I dati dell’Agenzia dei beni confiscati, fermi al 2015, parlano di 17mila beni, di cui 9mila assegnati. Di recente la Cgil ha aggiornato la stima a 20mila. Lo stesso Minniti a giugno, parlando in Antimafia, disse che serve un’Agenzia nuova e più efficace per non disperdere questo patrimonio: un passaggio affidato alla riforma del Codice antimafia, che pende alla Camera. Rafforzare l’utilizzo di questo canale può senz'altro allargare il numero di edifici disponibili. «Davanti all’emergenza e alla gravità dei fatti di questi giorni ben venga la proposta», commenta Libera, che si batte contro le mafie. L’associazione di don Ciotti ricorda che questo strumento è già previsto e alcuni Comuni lo usano; a supporto, il ministero delle Infrastrutture stanziò 18 milioni di euro nel 2015 per un triennio.
Un punto chiave quest’ultimo, su cui insiste anche l’Anci. «La strada è positiva - afferma il presidente Antonio Decaro - ma va accompagnata da un fondo" perché «non potendo incidere sulla leva fiscale né avere maggiori trasferimenti dallo Stato, la spesa dei Comuni è cristallizzata». Quindi «servono soldi per effettuare i lavori di ristrutturazione e rendere abitabili gli immobili che altrimenti non si possono assegnare». Anche l’iter deve essere rapido. Come quello dell’Agenzia del demanio per l’utilizzo degli immobili pubblici per l’emergenza abitativa, che, ricorda Decaro, è stato snellito due anni fa.
Intanto, mentre sembrano placarsi le polemiche e gli scambi di accuse tra le istituzioni sulla gestione dei migranti del palazzo di via Curtatone a Roma, ci si prepara ad una settimana decisiva per fare il punto sugli sgomberi e l'emergenza abitativa in città. Nei prossimi giorni, infatti, è atteso un vertice tra la sindaca Virginia Raggi e il ministro dell’Interno Marco Minniti sul tema. «Roma ha un carico di decine di migliaia di persone che non sono censite ufficialmente - sottolinea intanto la prima cittadina - non si può far finta che queste persone non esistano perché non sono riportate in una tabella Excel. Manca una politica nazionale adeguata su immigrazione e accoglienza. Un sindaco deve occuparsi dei suoi cittadini».
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