ROMA. Mercoledì 6 settembre: è la data cerchiata in rosso per l’avvio delle grandi manovre sulla legge elettorale. In commissione alla Camera partirà infatti il terzo tentativo della legislatura - l’ultimo, prima del ritorno alle urne - di cambiarla. Spetterà ancora una volta al Pd - come lascia intendere oggi il ministro Andrea Orlando in un’intervista a La Stampa - dare le carte. Ma Matteo Renzi ne ha svelato per ora solo una: non faremo - ha detto - la nuova legge "contro» gli altri partiti. Ci vorrà insomma il via libera sia di Silvio Berlusconi che di Beppe Grillo. Una condizione che rende tutto più difficile.
E’ attorno a due grossi schieramenti che verte ad ora il dibattito: chi vuole il premio alla lista e chi preferisce il premio alla coalizione. Se la legge non cambierà, si andrà al voto con il cosiddetto Consultellum, ovvero le leggi di Camera e Senato così come modificate dalla Corte costituzionale dopo la bocciatura di Porcellum e Italicum: il premio di maggioranza c'è solo alla Camera e viene assegnato alla lista che superi il 40%. Con un sistema del genere, i singoli partiti sarebbero spinti a correre da soli (o tutti dentro lo stesso «listone"), ma è difficile che qualcuno raggiunga il 40%, dunque dopo il voto è più probabile che si vada verso un governo di larghe intese.
Renzi resta per ora fermo sul no al premio alla coalizione: al Nazareno si lavora già, in uno scenario di voto con il sistema attuale, a uno schema di Pd «largo» che abbia tra i suoi candidati dai centristi alla sinistra, insieme a esponenti civici. Ma dentro il Pd va crescendo il pressing di chi (da Dario Franceschini ad Andrea Orlando) vuole introdurre il premio alla coalizione, per costruire un’alleanza di centrosinistra con Pisapia (guidata magari, dicono neanche troppo velatamente dalla minoranza Dem, da un leader che non sia Renzi). E anche se Renato Brunetta afferma che «il centrodestra unito vince con qualsiasi legge», anche Forza Italia è per la coalizione (Paolo Romani propone un premio allo schieramento che superi il 40%).
Contro il premio alla coalizione già prepara le barricate il M5s: «La nostra forza è andare soli, proveranno a farlo contro di noi», tuona Alessandro Di Battista. E così i grillini sono i migliori 'alleatì di chi nel Pd vuole restare su uno schema di lista. Ma le trattative sulla legge elettorale possono riservare sorprese e tra i Dem c'è anche chi, come Giuseppe Lauricella, propone che il premio possa essere assegnato alla lista o alla coalizione, lasciando ai partiti scegliere come andare al voto.
In I commissione alla Camera il 6 si riaprirà la discussione con l’obiettivo di approvare il testo base il 12 settembre e portarlo in Aula a fine mese. E si ripartirà probabilmente dal sistema «tedesco», un proporzionale con soglia di sbarramento al 5%, su cui Pd, M5s e Fi avevano raggiunto un accordo poi saltato in Aula. Anche se c'è chi nel Pd spinge per un estremo tentativo di ritorno a un sistema maggioritario con il Mattarellum.
Quel che è certo, è che sulle trattative peseranno i calcoli dei partiti in vista del voto. I centristi, per dire, tifano per le coalizioni e una soglia di sbarramento al 3% in entrambe le Camere e vogliono evitare il sistema tedesco con sbarramento al 5%, mentre i bersaniani sono a favore di una soglia più alta perché spingerebbe la sinistra a compattarsi. Ma sui 'giochì peserà anche la data desiderata da ciascuno per il voto. Nello stesso Pd ci sono infatti due linee di pensiero: chi vuole che le Camere siano sciolte subito dopo la manovra, per votare a febbraio 2018, e chi pensa si debba votare in primavera. Per questi ultimi un fallimento del tavolo sulla legge elettorale a settembre, potrebbe essere una ragione in più per fare un ultimo tentativo dopo la manovra e rinviare le urne. Ma gli altri ribattono che se non si riesce a cambiarlo subito, il Consultellum ha buone chance di restare «in vita».
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