PALERMO. «Stanco». E - lui non lo dice ma si intuisce - sfiduciato: Maurizio Pirillo lascia il timone del dipartimento Acque e rifiuti, stufo «di fare il capro espiatorio in un settore nel quale le censure sono fisiologicamente più dei riconoscimenti. E i fondi comunque molto più sostanziosi della governance concreta».
Tutto sta nel prenderseli e usarli bene, quei fondi, oggi messi a rischio in tutti i loro zeri dall’ennesima tegola, l’impasse burocratica al vertice. Singolare la coincidenza di destini con i suoi predecessori: né Marco Lupo né Domenico Armenio sono durati alla guida del dipartimento più di un anno e mezzo. «Le condizioni per portare avanti tutti i progetti sono estremamente ardue - continua Pirillo - occorre che tutti capiscano, a iniziare dalle strutture territoriali, che il problema non è la Regione, ma la Sicilia. E che i rifiuti sono una questione da gestire globalmente. È il sistema nel suo complesso che ha bisogno di una cura da cavallo». Traducendo, sono a rischio i fondamentali bandi ai quali Pirillo da mesi lavora. Soldi europei ma non solo. Soldi che rischiano di ammuffire nei cassetti e persino di svanire, con un «tutto da rifare» che incombe sempre più seriamente.
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