ROMA. "Il tempo delle parole è finito, ora servono i fatti". Il ministro dell'Interno Marco Minniti conferma che l'Italia non tornerà indietro: se alle aperture arrivate da Bruxelles e Berlino, dove i leader Ue si sono incontrati in vista del G20, non seguiranno atti concreti, il nostro paese darà seguito a quanto annunciato ieri, negando l' approdo ai porti alle navi cariche di migranti che battono bandiera non italiana, vale a dire quasi tutte quelle delle Organizzazioni non governative che operano davanti alla Libia, ad eccezione di quella di Save The Children e di una delle 4 di Medici senza frontiere.
"Dopo le parole di comprensione dell'Ue - conferma il ministro della Difesa Roberta Pinotti - l'Italia si aspetta atti concreti". Al Viminale stanno studiando come far scattare l'eventuale blocco, sperando di non doverlo attuare e anche se al momento le partenze sembrano aver subito un rallentamento negli ultimi due giorni: rispettivamente 800 e 'solo' 117.
L'idea, se non dovesse cambiare lo scenario, è quella di bloccare almeno una nave, lasciandola avvicinare alle coste e fornendo ovviamente tutta l'assistenza necessaria ai migranti a bordo, ma non consentendogli di attraccare. Sul quando, si sta ancora discutendo: è possibile, anche se poco probabile, che un gesto dimostrativo possa esser attuato già prima del vertice informale dei ministri dell'Interno dell'Ue in programma mercoledì a Tallin, in Estonia, proprio per mandare un segnale forte a tutta l'Unione.
E' invece più probabile che si decida di attendere la riunione per vedere le 'carte' che Bruxelles intende calare sul tavolo e poi agire di conseguenza. Un dato però è certo: al momento le imbarcazioni che hanno preso a bordo i migranti soccorsi nelle giornate di mercoledì e giovedì, poco meno di mille persone in tutto - una nave belga inserita nella missione europea Eunavformed, una nave svedese che fa parte del dispositivo di Frontex e due navi delle Ong (Golfo Azzurro e See Eye) Proactiva Open Arms e See Eye - non hanno ancora avuto l'indicazione dalle autorità italiane su quale porto fare rotta.
Dovrebbe esser consentito loro di attraccare, ma anche su questo si deciderà nelle prossime ore. "Io - ha ribadito oggi Minniti - sarei orgoglioso se di tutte le navi che operano nel Mediterraneo centrale una sola, una soltanto, anziché arrivare in Italia arrivasse in un altro porto europeo. Sarebbe un segnale straordinario di solidarietà e vicinanza. Questo è il cuore della questione che abbiamo posto all'Europa". Perché il tema dell'immigrazione è un fenomeno "epocale che l'Europa deve affrontare insieme".
"Nei prossimi 20 anni l'Europa si gioca il suo destino in Africa" ha aggiunto il titolare del Viminale sottolineando che quella dell'immigrazione "non è una questione da dibattito politico quotidiano" ma va affrontata "solo con un disegno complessivo". All'Ue l'Italia chiede da tempo la modifica del trattato di Dublino, la gestione comune dei rimpatri, il funzionamento dei ricollocamenti previsti dal piano Juncker (sono stati ridistribuiti solo 7.281 migranti). Richieste che finora si sono scontrate con i veti dei paesi dell'Est e del nord Europa. Il ministro dell'Interno sa però che parte della partita riguarda solo e soltanto l'Italia. Ed è per questo che anche oggi ha ribadito il suo appello ai Comuni.
"L'accoglienza diffusa è la via fondamentale. Se ogni comune facesse la propria parte fino in fondo, saremmo più vicini alla soluzione". Al momento però, nonostante l'accordo di dicembre con l'Anci (che fissa 200mila il tetto dei migranti da accogliere e che probabilmente dovrà essere rivisto) e nonostante i 150 milioni stanziati per il 2018 da distribuire ai sindaci in base al numero di stranieri effettivamente accolti, sono solo 2.800 su 8.0000 i Comuni che si sono fatti carico dell'accoglienza.
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