ROMA. Il lavoro e la «discontinuità» con Renzi sono i due fulcri di «Democratici e Progressisti» (DP), il nuovo soggetto a sinistra del Pd presentato oggi a Roma da Roberto Speranza, Enrico Rossi, Massimiliano Smeriglio e Arturo Scotto. Un Movimento che si propone di essere il motore della «costituente di un rinnovato centrosinistra», nel quale sarebbe protagonista anche il Pd, ma «derenzianizzato». Di qui la cura ad evitare toni di rottura con i Dem, nell'auspicio che al congresso Pd si affermi Andrea Orlando e che Giuliano Pisapia scelga il dialogo con il nuovo Movimento. Ma il clima di tregua non è destinato a durare: il nome Dp fu usato dai Dem alle regionali del 2014 e già si annunciano carte bollate. Il nuovo soggetto, hanno detto oggi i quattro fondatori della nuova forza politica non vuole vivere solo nelle Aule parlamentari, dove per altro in settimana nasceranno i gruppi. Viene quindi evitata la parola «partito» a favore di «movimento», perchè vuole essere un soggetto «popolare», secondo le parole di Smeriglio, «che prenda confidenza con le conflittualità che la crisi produce, dandogli rappresentanza». E il lavoro è l'elemento centrale dei DP: il lavoro che non c'è, e quello precario. Interlocutori sociali sono allora innanzitutto i giovani, ma anche il ceto medio impoverito, e gli artigiani che hanno sofferto il credit Crunch: insomma «un blocco sociale» ben preciso, ha sottolineato Rossi. Speranza ha affermato che occorre «ricucire tre fratture» prodotte da Renzi, con il Jobs Act, con la Buona Scuola e con il referendum sulle trivelle. Sono «ferite» per sanare le quali occorre «discontinuità» rispetto alle politiche di Renzi. Curiosamente il primo elemento di discontinuità viene chiesto non su una norma del Jobs Act, bensì appoggiando il referendum della Cgil sui voucher, a suo tempo liberalizzati dalla legge Fornero (92/2012) e dal decreto Letta (76 del 2013) approvati sotto la segreteria Bersani. Ma su questo si consumerà il primo attrito con il Pd e Gentiloni che in Parlamento puntano a far approvare il ddl Damiano che riformerebbe i voucher evitando il referendum. E situazioni di equilibrio andranno trovate nelle Camere anche su altri provvedimenti, come il decreto sicurezza o i decreti attuativi della Buona Scuola: non piacciono ai DP che però non vogliono far cadere il governo. A parte le critiche a Renzi e al renzismo, all'evento sono state evitate parole trancianti verso il Pd perchè, come ha detto D'Alema venerdì, se al congresso si affermasse Andrea Orlando «le cose cambierebbero». «Alle primarie Dem andremo tutti a votare per Andrea - ha scherzato un deputato DP». Anche Vasco Errani, che oggi ha aderito al Movimento, lo ha spiegato: «Vado dentro a nuova avventura, ma sono sicuro che non si tratta di un addio. Si tratta invece di provare a ritrovarci in un nuovo progetto diverso da Ulivo e Pd ma con quella ispirazione». Ma non non saranno tutte rose e fiori: «Democratici e Progressisti» era il nome di una lista che nel 2014 appoggiò in Calabria Mario Oliverio, eletto governatore. E in casa Dem sono già pronti a ricorrere agli avvocati. Oltre che per Orlando, tra i Dp c'è attesa anche per Giuliano Pisapia che l'11 marzo varerà il suo Campo progressista che, programmaticamente, si muove con gli stessi intenti dei Democratici e progressisti, senza però escludere il dialogo con Renzi, con cui ha condiviso il sì al Referendum del 4 dicembre.