ROMA. «Io credo al numero chiuso. Venezia non può sopportare più di un certo numero di visitatori al giorno, quindi i flussi vanno rigorosamente regolamentati nei due unici punti di accesso a Venezia: piazzale Roma e la stazione ferroviaria». Lo afferma il governatore del Veneto Luca Zaia in un intervento pubblicato oggi sul Corriere della Sera.
«Non credo invece al versamento di una somma per ingresso e visita: Venezia deve restare alla portata di tutti», precisa.
«Sono convinto che un obolo - anche simbolico - ogni italiano lo debba mettere in conto, come contributo e segno di rispetto per una città universale; ma non concordo sul fatto che la visita diventi accessibile per reddito. Quanto alle grandi navi, è sufficiente un rapido esame in archivio per vedere declinata la mia frase: 'Fuori le navi dal bacino di San Marco!'. Non è però certamente colpa della Regione Veneto se la questione è regolata (si fa per dire) da un decreto Clini-Passera sul quale ben tre ministeri danno vita a una guerra intestina di cui non si intravede la fine».
Il Mose e Roma ladrona? «Sarebbe sufficiente replicare che il Mose è un cantiere statale, finanziato dallo Stato, e che l'inchiesta sul sistema corruttivo che gli si era sviluppato intorno (oltre 100 indagati, 35 agli arresti) ha toccato certamente personaggi politici regionali, ma per la gran parte una pletora di personaggi non veneti che avevano eletto Venezia a teatro delle loro malefatte esclusivamente perchè qui c'è il cantiere».
«Roma resta quindi ladrona, non cambio idea. Intendendo per Roma tutti quei poteri, quei palazzi, quegli organi che pesano sui conti pubblici, specialisti in adempimenti inutili, che nulla producono se non far gravare sulle imprese del secondo Pil italiano un total rate tax di oltre il 68% contro una media Ue del 46».
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